18.3 La nuova pedagogia
Il progetto intellettuale umanistico entrò rapidamente nelle scuole e trasformò i programmi e i metodi d'insegnamento. Il problema del fanciullo e della sua educazione divenne centrale nella prospettiva degli umanisti, che sapevano bene quanto fosse arduo formare uomini completi, dotati di una piena coscienza dei propri mezzi e di un senso profondo della dignità umana. Nacque una nuova pedagogia, che sostituì il vecchio insegnamento basato essenzialmente sulla ripetizione meccanica di formule e sullo studio di pochissimi testi. La pedagogia umanistica mirava invece a plasmare negli allievi le capacità critiche e dialettiche, attraverso un confronto libero con i maestri e la lettura diretta delle opere più importanti realizzate in ogni campo del sapere: il nuovo metodo educativo cercava di suscitare e potenziare le energie e la creatività degli allievi senza bloccarle entro schemi prefissati. Questa nuova pedagogia si accompagnava, inoltre, all'abbandono dei metodi repressivi (castighi, percosse, privazioni) tipici delle scuole medievali, e proponeva l'esigenza del convincimento, della persuasione, della dolcezza: in altre parole, un maggiore rispetto per la condizione dei fanciulli.
Insieme con il rinnovamento dei metodi, quello dei contenuti. L'umanista italiano Pier Paolo Vergerio (1370-1444) detto il Vecchio, attivo a Padova, Firenze, Roma e infine in Boemia e in Ungheria, dove entrò al servizio dell'imperatore Sigismondo, elaborò un programma educativo in cui gli studia humanitatis, perno di qualsiasi formazione, dovevano essere affiancati dallo studio delle scienze naturali, della medicina, del diritto, della metafisica, della teologia: il fine era quello di diffondere negli allievi la consapevolezza dei profondi legami che collegano i vari settori del sapere.
Questa insistenza sul carattere unitario della formazione si ritrova in altri pensatori, come il veronese Guarino Guarini (1374-1460) che, a Ferrara, organizzò con grande successo un corso nel quale lo studio della grammatica e della retorica era considerato preparatorio a quello condotto sui testi originali dei più grandi autori scientifici dell'antichità, da Archimede a Tolomeo, da Ippocrate a Galeno. Nella scuola mantovana creata dall'umanista Vittorino da Feltre (1378-1446), considerato uno dei fondatori della pedagogia moderna, l'insegnamento delle lettere culminava in quello dell'aritmetica, dell'astronomia, della musica.
Nelle prime grandi scuole umanistiche era dunque molto viva l'esigenza di evitare una formazione puramente letteraria e retorica. Questa era sì considerata fondamentale, ma nell'ambito di un programma educativo integrato, che comprendesse anche le scienze naturali. Del resto, figure poliedriche come quelle di Leon Battista Alberti, umanista e scrittore raffinatissimo, ma anche architetto, ingegnere, matematico e teorico dell'arte, e Leonardo da Vinci, pittore tra i più grandi, ma anche studioso geniale di ottica, meccanica e anatomia, non fanno altro che confermare la centralità, nella formazione umanistica, di questa stretta integrazione tra discipline diverse (p. 427), che si configura come un progetto di conoscenza globale della realtà: la riscoperta dell'uomo e il valore attribuito alla sua dignità si uniscono alla volontà di conoscere e dominare la natura.
Torna all'indice