15.5 Le rivolte contadine
La pressione esercitata dai signori sui contadini per arginare l'erosione dei profitti, il clima di violenza e di coercizione che avvolse i rapporti di produzione in alcune campagne, i mali della guerra e l'inasprimento delle tasse richieste dal potere centrale per finanziare gli eserciti e gli apparati amministrativi, furono alla base di gravissimi conflitti sociali, che insanguinarono molti paesi europei.
Nel 1358 migliaia di contadini dell'Ile-de-France e del Beauvaisis (una regione della Francia settentrionale non lontana da Parigi) si ribellarono in massa per protesta contro le devastazioni provocate dalla guerra tra Francia e Inghilterra (capitolo 16), contro le prevaricazioni dei nobili, contro le pretese della fiscalità regia. Il movimento fu chiamato
jacquerie, da "Jacques Bonhomme", soprannome del capo dei rivoltosi Guillaume Charles; i signori chiamavano Jacques, dileggiandoli, i contadini, e jacqueries furono chiamate a lungo tutte le rivolte contadine, cosa che indica chiaramente quanto l'episodio rimase impresso nella memoria dei francesi. I rivoltosi ottennero l'appoggio della lega dei mercanti di Parigi guidata da Étienne Marcel, che cercò di sfruttare l'occasione per contrastare il potere della nobiltà.
Come spesso in questi casi, la rivolta fu furiosa ma breve: l'assalto alle case dei ricchi, il saccheggio dei magazzini, l'incendio dei castelli si esaurirono in pochi giorni. Il 28 maggio la rivolta era esplosa, il 9 giugno era stata già soffocata per opera di Carlo II di Navarra, detto il Malvagio (che in quel momento, coinvolto nella guerra tra Francia e Inghilterra, si trovava appunto sul suolo francese): i nobili, organizzatisi, misero in atto una repressione violenta, che non risparmiò le donne e i bambini e provocò circa 20.000 morti (p. 342).
Un'altra celebre rivolta si verificò nel 1381 in due regioni dell'
Inghilterra, il Kent e l'Essex. Da decenni la situazione sociale di quelle campagne era inasprita dalle accese controversie che opponevano i signori, che cercavano di compensare il decremento dei loro profitti inasprendo le prestazioni e gli obblighi dei contadini, e questi ultimi, che contrastavano il tentativo con una tenace resistenza. La situazione precipitò quando il Parlamento, per far fronte alle crescenti difficoltà nella guerra contro la Francia, decise di applicare la cosiddetta poll-tax, un'imposizione personale su tutti gli abitanti di età superiore ai 15 anni, con l'unica eccezione dei mendicanti. La rivolta, guidata da Wat Tyler e da John Ball, dilagò a macchia d'olio contro i consueti obiettivi dei furori contadini: i castelli, i magazzini, le dimore signorili. Particolare impressione destò l'invasione della città di Canterbury e il saccheggio del palazzo arcivescovile. Molti nobili furono obbligati a rilasciare carte con cui i contadini venivano liberati dai loro obblighi.
Da resistenza al fiscalismo regio, la rivolta contadina si era dunque tramutata in una ribellione generalizzata, che colpiva tutti i potenti, laici o ecclesiastici che fossero. Il fronte dei contadini, tuttavia, non era omogeneo, e possiamo distinguere al suo interno diverse correnti: una era rappresentata dai contadini poveri, privi di terra, spinti dalla fame, che chiedevano la confisca e la distribuzione delle terre ecclesiastiche, la ricostituzione delle terre comuni e degli usi civici, la libertà di lavoro. Un'altra era rappresentata dai contadini agiati, che lottavano per un alleggerimento delle prestazioni dovute ai signori e per una diminuzione dei censi. Il movimento dei rivoltosi era attraversato anche da aspirazioni più radicali, che non esprimevano un concreto progetto politico, ma una tanto generica quanto sofferta aspirazione alla giustizia universale; si vagheggiava una società ideale, in cui gli uomini sarebbero vissuti mettendo i loro beni in comune: "le cose non possono andare bene in Inghilterra - diceva John Ball - e non potranno andare bene in futuro, fino a che tutti i beni non passeranno al popolo e non esisterà più né il contadino né il nobile, fino a che noi non ci sentiremo tutti uniti". Si attendeva una nuova età dell'oro, un millennio dominato dall'uguaglianza. Questi sentimenti e queste attese erano condivisi da vasti settori del basso clero, quello più vicino alle esigenze della povera gente, e furono determinanti nell'assicurare al movimento dei contadini l'appoggio del proletariato urbano, al quale non interessavano i rapporti tra proprietari e contadini ma soprattutto la lotta contro la miseria e l'ingiustizia. Nel complesso, tuttavia, la presenza di queste "anime" diverse all'interno del fronte dei rivoltosi finì per indebolirne la compattezza.
L'episodio culminante della rivolta si verificò nel mese di giugno del 1381, quando decine di migliaia di contadini marciarono su Londra e la occuparono, accolti con favore dalla maggioranza degli abitanti: dalla torre della città, il re Riccardo II, appena quattordicenne, guardò impaurito le case dei ricchi in preda alle fiamme. In questa difficile situazione al re e ai suoi consiglieri parve opportuno accogliere tutte le richieste dei rivoltosi: abolizione della servitù, alleggerimento delle prestazioni, amnistia generale. Queste ampie concessioni alleggerirono la tensione e molti contadini, soddisfatti, tornarono ai loro poderi. Fu facile, a questo punto, per i soldati del re e per le truppe messe in campo dai nobili, procedere alla repressione delle frange più radicali dei rivoltosi, che fu inesorabile e sistematica.
Torna all'indice