13.2 La monarchia francese
Il rafforzamento della monarchia francese ricevette un notevole impulso a opera di
Filippo II detto
Augusto (1180-1223). Quando Filippo salì al trono, i territori direttamente controllati dalla monarchia avevano un'estensione molto modesta rispetto a quella di alcuni grandi feudatari (per esempio il conte di Tolosa, che governava su gran parte della Francia meridionale, o il conte di Fiandra) e, soprattutto, rispetto ai possedimenti del più potente tra i suoi vassalli, il re d'Inghilterra. Quest'ultimo deteneva, infatti, territori vastissimi nel continente: si trattava di feudi acquisiti da molto tempo (da quando nel 1154 Enrico II Plantageneto, conte d'Anjou e signore feudale di intere province nel Nord e nell'Ovest della Francia, era diventato re d'Inghilterra) e che erano visti dalla monarchia inglese più come una propaggine di suolo britannico oltre la Manica che come concessioni di tipo feudale sulle quali il re di Francia potesse accampare (come pure sarebbe stato giusto, in linea di diritto) prerogative di sorta. L'obiettivo prioritario di Filippo fu il recupero di questi territori, e il successo gli arrise con la non difficile conquista della Normandia, del Maine, dell'Angiò, della Turenna, del Poitou, della Saintonge. Decisiva fu la battaglia di
Bouvines del 1214, nella quale Filippo sconfisse le truppe del re d'Inghilterra Giovanni Senza Terra e dell'imperatore Ottone di Brunswick.
L'episodio ebbe importanti ripercussioni: da quel momento il sovrano di Francia mantenne una superiorità incontrastata sui grandi feudatari del regno e il suo prestigio toccò un livello, per questi ultimi, irraggiungibile. Altri territori appartenenti a feudatari locali furono recuperati da Filippo in vario modo: con le armi, ma più spesso con mezzi diplomatici, accordi, matrimoni, ecc. L'attenzione di Filippo per l'aspetto territoriale del potere monarchico si rivela anche nella sostituzione, attuata dalla sua cancelleria, della formula "re dei francesi", fino ad allora comunemente in uso, con "re di Francia". Filippo si preoccupò anche di regolare formalmente i suoi rapporti con l'Impero e ottenne dal pontefice Innocenzo III (di cui abbiamo già ricordato l'infaticabile azione contro le aspirazioni imperiali al potere universale), il riconoscimento della sua indipendenza: "il re di Francia è imperatore nel suo regno".
Queste imponenti acquisizioni territoriali procurarono alla corona i mezzi finanziari per riorganizzare e accentrare l'amministrazione. Strumento della penetrazione regia nei territori francesi furono i balivi (dal latino baiulus, "portatore"), funzionari che si occupavano, in tutto il regno, di riscuotere le imposte, di amministrare la giustizia ed anche di cose militari. Un'altra grande trasformazione si verificò nel centro del potere: i grandi feudatari e i prelati di alto rango continuavano ad accedere alla corte del re, com'era loro diritto e dovere, ma i nuovi organismi della Curia e la stessa cancelleria si aprirono anche alla borghesia urbana, a individui di origini oscure ma che si affermarono come professionisti dell'amministrazione, della giustizia, delle finanze. Si trattava di uomini legati alla corona da vincoli di fedeltà diversi da quelli feudali: essi ricevevano un salario e percorrevano una carriera nella quale, oltre alla fedeltà, si premiavano lo zelo, la capacità, l'intraprendenza personale.
Nei confronti delle città - che in Francia come altrove manifestavano una crescente vivacità economica e una forte volontà di autonomia - Filippo adottò una politica prudente e fruttuosa: evitò di logorarsi in una sterile contrapposizione (come accadeva negli stessi anni all'imperatore Federico II), concesse quanto c'era da concedere e ottenne in cambio mezzi e uomini per l'esercito. Si formò così in Francia una delle più forti monarchie dell'Occidente.
Il rafforzamento della monarchia francese proseguì sotto
Luigi IX (1226-70), detto
il Santo perché fu canonizzato pochi anni dopo la morte. Questa figura di sovrano pio e devoto, che governava secondo severi princìpi morali e religiosi, preoccupato non solo per la sorte materiale del suo regno, ma anche per le anime dei suoi governati, nemico della menzogna e dell'ipocrisia, casto e moderato, riparatore dei torti e amante della pace, suscitò grande ammirazione tra i sudditi e, in effetti, è difficile trovare nella storia d'Europa un sovrano più amato di lui. Ma San Luigi (la cui devozione religiosa non significò mai, peraltro, acquiescenza nei confronti del papato) fu anche un ottimo amministratore, e proseguì, sulla scia di Filippo Augusto, nel perfezionamento e nella specializzazione degli organismi centrali: il Consiglio del re, composto da alcuni grandi vassalli e da molti borghesi esperti in diritto, che assisteva il re in campo politico; la Corte dei conti (successivamente denominata Camera dei conti), cui spettavano compiti di controllo e di gestione finanziaria; il Parlamento, con la funzione di corte suprema per la giurisdizione amministrativa e per i reclami contro l'operato dei balivi e degli altri funzionari.
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