2.4 Il Regno gotico
Dopo la dissoluzione dell'impero unno, gli ostrogoti - una popolazione fiera e bellicosa di origine germanica - avevano ricevuto, in qualità di federati dell'Impero romano, delle terre in Pannonia. Nel 488 il loro re
Teodorico (493-526), che da bambino aveva trascorso molti anni alla corte di Costantinopoli apprendendone la cultura e i meccanismi politici, ed era stato insignito dall'imperatore Zenone del titolo di patrizio, chiese energicamente il permesso di insediarsi con il suo popolo in Italia. Zenone acconsentì. Fu così che Teodorico, in qualità di patrizio e magister militum, ricevette solennemente l'incarico di strappare l'Italia a Odoacre (
1.1) e di regnarvi a nome dell'imperatore. Odoacre, sconfitto ripetutamente, si ritirò a Ravenna. Costretto ad arrendersi dopo un lungo assedio, fu messo a morte (493).
Abbiamo già esaminato (
1.2) i rapporti tra gli ostrogoti (detti anche goti) e le popolazioni italiche, rapporti tra i più moderati ed equilibrati che si verificarono in tutti i regni romano-germanici. Sotto il profilo strettamente politico, l'orientamento del re Teodorico attraversò due fasi. Nella prima egli cercò una stretta collaborazione con la classe dirigente romana e tra essa scelse i suoi più fedeli collaboratori. Uomini di grande cultura e talento come Cassiodoro, storico, filosofo ed esperto di diritto, o Boezio, pensatore tra i più versatili, collaborarono con entusiasmo al suo progetto di coesione tra i due popoli. Più difficili furono i rapporti con la Chiesa romana: gli ostrogoti infatti erano ariani e guardavano con sospetto al crescente potere del vescovo di Roma. Quando l'imperatore di Costantinopoli prese a perseguitare gli ariani, la fazione antiromana della corte ostrogota vide in questo il segno di una minaccia congiunta del papa e dell'imperatore. La politica di Teodorico segnò allora una svolta: il papa fu imprigionato, Boezio e altri esponenti della classe dirigente romana furono giustiziati.
Teodorico morì nel 526, lasciando sul trono un bambino di appena dieci anni, il nipote Atalarico (526-34), in nome del quale esercitò il potere la madre Amalasunta. La posizione di quest'ultima era quanto mai precaria a causa dell'opposizione dell'aristocrazia gotica, che mal tollerava il comando di una donna alla quale si rimproverava per giunta una politica eccessivamente filoromana. La stessa educazione del giovanissimo re era oggetto di aspri contrasti: i nobili goti pretendevano che non fosse educato alla cultura romana ma secondo le tradizioni del loro popolo. Preoccupata dalla situazione, Amalasunta aveva avviato contatti segreti con Giustiniano, cercandone la protezione. Ma nel 534 il piccolo Atalarico morì e la vicenda di Amalasunta prese una piega tragica. La donna giocò d'anticipo, assunse il titolo di regina e associò al regno, sposandolo, il cugino Teodato (534-36), un nobile goto profondamente romanizzato, che non nascondeva la sua passione per le opere di Platone. Teodato fu, però, protagonista di una repentina metamorfosi: si pose alla guida dell'opposizione gotica, depose la regina e la esiliò in un isolotto sul lago di Bolsena. Qui nel 535 Amalasunta fu uccisa da un sicario. Teodato inaugurò intanto una politica di puro dominio germanico.
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