15.7 I tempi di lavoro
La crisi del '300, con gli sconvolgimenti che provocò in ogni settore sociale, introdusse anche alcune importanti novità in una dimensione fondamentale della vita umana: il tempo.
Come si ricorderà, il tempo tradizionale, quello che durante tutto il Medioevo aveva scandito l'esistenza degli uomini, era un tempo agricolo, dominato dalla natura e dai suoi ritmi: il giorno, la notte, le stagioni. I contadini lavoravano dall'alba al tramonto, e le campane della chiesa, suonando l'ora delle funzioni liturgiche, li richiamavano ai campi o alle loro dimore (
7.4).
Questo tempo naturale, vago e fluttuante, fu progressivamente insidiato, nel corso del '300, da un tempo nuovo, più freddo e razionale. Di fronte all'aumento dei salari e alle maggiori capacità rivendicative degli operai, i padroni cercarono di compensare le loro perdite prolungando i tempi e i ritmi delle prestazioni di lavoro e inquadrando la giornata di lavoro dei dipendenti in una rete di obblighi esterni e precisi.
Il primo strumento di questo attacco al tempo tradizionale fu la campana, che da strumento di fede e di richiamo alla preghiera diventò strumento delle botteghe e delle manifatture. Il ricordo di questo attacco è rimasto in alcuni documenti dell'epoca: nel 1335 il re di Francia Filippo VI accolse la richiesta rivoltagli dagli scabini (magistrati cittadini, talora espressione dei proprietari delle manifatture di panno) di Amiens e li autorizzò a "fare un'ordinanza su quando gli operai della detta città e del suo distretto andranno ogni giorno di lavoro alla loro opera il mattino, su quando dovranno andare a mangiare e su quando dovranno tornare all'opera dopo mangiato; come pure la sera, su quando dovranno lasciare l'opera per la giornata; e che per la detta ordinanza che faranno possano suonare una campana, che hanno fatto appendere alla torre della detta città, che è differente dalle altre campane".
Venti anni dopo, il governatore della contea di Artois concesse, sempre agli scabini, di costruire una campana specialmente adatta al "mestiere di drapperia e altri mestieri dove convengono parecchi operai a giornata, che vanno e vengono all'opera in certe ore".
Da documenti come questi viene in luce il particolare interesse del settore tessile a questo nuovo tipo di regolamentazione del tempo: le manifatture tessili erano infatti le "industrie" più evolute e complesse dell'economia medievale, ma erano anche le più colpite dalla crisi. Fu proprio la crisi di queste imprese a provocare al loro interno una maggiore razionalizzazione del tempo di lavoro.
Le reazioni contro questi tentativi non mancarono: sappiamo, per esempio, che nel 1349 i tessitori di Gand sospesero il lavoro, e che lo ripresero soltanto quando ebbero ottenuto di cominciare e cessare il lavoro a loro gradimento. Reazioni analoghe si ebbero in molte altre località. Quasi ovunque, infatti, la campana di lavoro divenne il simbolo delle rivendicazioni operaie e in molte circostanze il suo suono si trasformò in segnale di rivolta. Ma la pressione padronale, pur attraverso queste resistenze, riuscì a imporsi e da essa nacque un tempo moderno: era un tempo laico, che sottraeva al monopolio della Chiesa l'uso della campana e quindi la scansione della giornata.
La novità di questo fenomeno sta nel particolare uso delle campane in contesti produttivi dove prima era assente. Ma dal punto di vista tecnico le campane di lavoro erano identiche alle campane da chiesa. Il vero progresso si ebbe con l'invenzione degli
orologi, che cominciarono a diffondersi alla fine del XIII secolo. L'area di diffusione degli orologi coincide con quella dove l'urbanesimo era più intenso: l'Italia settentrionale, le Fiandre, la Germania, la Francia settentrionale, l'Inghilterra meridionale, la Catalogna (p. 343-4). All'interno di queste zone si nota, ancora una volta, il ruolo di avanguardia delle manifatture tessili, maggiormente interessate alla meccanizzazione del tempo.
Con l'orologio nacque l'ora di sessanta minuti, che sostituì la giornata come unità del tempo di lavoro. Non si deve credere, tuttavia, che la diffusione degli orologi sia stata rapida e capillare: fu un fenomeno di importanza eccezionale, ma lento. Gli orologi incontrarono ostacoli di carattere tecnico ed economico: i loro altissimi costi e il loro meccanismo non sempre preciso e bisognoso di un'assistenza continua ne facevano in un primo momento delle macchine prestigiose, quasi oggetti di lusso che le città facevano costruire per potenziare la propria immagine.
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