7.6 Il guadagno
In questo periodo tutte le attività remunerate erano bollate da un marchio d'infamia. Il denaro, che occupava un posto marginale nel sistema economico, era escluso anche dalla morale: i rapporti dignitosi tra gli uomini dovevano essere regolati da doveri, servizi, prestazioni, non da pagamenti.
Su tutti i maneggiatori di moneta - procuratori, contabili, amministratori - pesava un grave discredito. Quanto agli usurai, essi erano considerati gli individui più spregevoli; infrangendo i precetti evangelici ("prestate senza nulla sperarne"), gli usurai venivano meno al principio basilare della fraternità cristiana: di più, essi traevano persino vantaggio dalle disgrazie altrui e, cosa ancor più grave, commettevano una specie di sacrilegio, perché speculavano sul tempo, che non appartiene agli uomini, ma a Dio. Il tempo, proprietà divina, non poteva essere oggetto di lucro, e questo portava di conseguenza la condanna di qualsiasi percezione di interessi.
Se il denaro, considerato quasi come uno strumento demoniaco, era in se stesso fonte di peccato, si comprende bene come il mercante, personaggio inevitabilmente coinvolto in traffici e speculazioni, fosse in prima fila in questo elenco di categorie detestabili. Il suo stesso mestiere - si diceva - lo portava alla menzogna, necessaria a ricavare il massimo dalla vendita delle merci, e all'avidità, un vizio che contaminava chiunque non si accontentasse dello stretto necessario per vivere. Per il mercante era inoltre molto difficile rispettare il principio fondamentale che, secondo l'etica medievale (e già quella antica), doveva regolare i rapporti economici tra gli uomini: il
giusto prezzo, e cioè il prezzo di mercato stabilito attraverso comportamenti limpidi e onesti, al di fuori dei trucchi e degli stratagemmi che l'astuzia del venditore introduceva nelle transazioni.
Nel pensiero medievale di questo periodo l'economia non possedeva, dunque, alcuna autonomia ed era costantemente riassorbita all'interno della morale. Questa mancanza di autonomia della sfera economica deve essere senz'altro valutata come una conseguenza del carattere povero dell'economia dell'epoca, ma sarebbe sbagliato ritenere che l'etica fosse un semplice prodotto del sistema economico. Essa incideva a sua volta profondamente sulla realtà, indirizzava i comportamenti collettivi, condizionava linee di tendenza e bloccava possibili evoluzioni. La dottrina cristiana in tema di guadagno, usura, commercio, proposta nei sermoni, nelle Vite di santi e ribadita nei confessionali, si radicava nelle coscienze e le guidava (p. 145).
Torna all'indice