8.4 La nuova Europa
Dopo aver subito l'assalto dei nuovi invasori, la Cristianità attraversò una fase di espansione e di consolidamento geografico. Le popolazioni dell'Europa orientale si insediarono in nuove terre, si aprirono ai missionari, adottarono istituzioni religiose e politiche europee, formarono compagini organizzate sul modello di quelle già esistenti.
In Pannonia, come abbiamo visto, si costituì il Regno d'Ungheria, formatosi in seguito alla sedentarizzazione degli ungari. Più a nord, tra l'Oder, il Baltico e i Carpazi si formò il Regno di Polonia, fondato tra il 965 e il 970 da Mieszko I (morto nel 992). Il primo sovrano di Polonia favorì la conversione dei suoi sudditi al cristianesimo e fece dono del suo Regno al Patrimonio di San Pietro.
Il più antico nucleo della grande Russia fu il Principato di Kiev, fondato dallo scandinavo Oleg (879-911), della tribù di Russ, da cui appunto il nome di Russia. La dinastia da lui iniziata - annesso il Principato di Novgorod (
8.2) - fu ben presto assimilata da principi di stirpe slava. Gli slavi erano infatti la popolazione preponderante nella regione. A livello internazionale, la consacrazione politica del nuovo Stato avvenne quando il sovrano Vladimiro il Grande (980-1015) si unì in matrimonio con una principessa bizantina.
Ai confini dell'Impero bizantino, nella penisola balcanica, una potente tribù slava diede origine al Regno di Bulgaria, che si convertì al cristianesimo sotto il regno di re Boris I (852-89). Artefici di questa evangelizzazione furono i monaci bizantini Cirillo e Metodio, cui si deve l'invenzione della scrittura cirillica (derivata dalla scrittura corsiva greca) e la prima traduzione slava della Bibbia; la loro impresa esordì in Moravia e conquistò alla "vera fede" anche i vareghi del Principato di Kiev e le popolazioni slave soggette. Il successore di Boris, Simeone (888-927) si proclamò czar, "Cesare": l'assunzione di un titolo così prestigioso, che ricordava addirittura le antiche glorie dei romani, non era del tutto immotivata; Simeone estese infatti i confini del suo Regno fino a conglobare la Macedonia, la Tracia, l'Epiro, l'Albania. Ma questa espansione finì inevitabilmente per allarmare Bisanzio: l'imperatore Basilio II (976-1025) intervenne con decisione e sconfisse più volte le truppe bulgare, fino a meritare il soprannome di "Bulgaroctono", "sterminatore di bulgari". Dopo queste sconfitte il Regno bulgaro tornò alle sue dimensioni originarie.
L'Europa assunse così quella fisionomia etnica e politica che, nelle grandi linee, ha conservato fino ai giorni nostri. Non solo: la costituzione di Regni cristiani relativamente stabili e ordinati lungo le frontiere orientali e settentrionali mise per sempre il continente al riparo da nuove invasioni. Questo fatto è di capitale importanza per comprendere la storia d'Europa nei secoli a venire: "Sul finire dell'Impero romano in Occidente - ha scritto R.S. Lopez - era appropriato descrivere la respublica romana come un'immensa fortezza assediata da barbari che urlavano intorno alle sue mura. All'inizio del nostro millennio, la respublica christiana di fede cattolica, riparata al sud dalla potenza avversaria ma civilizzata dell'Islam, protetta a sud-est dalla presenza scomoda ma familiare dell'Impero bizantino, completata a nord e a nord-est da popoli che fino allora avevano costituito per essa una perenne minaccia, non era più esposta direttamente alle incursioni di barbari veri e propri. Più fortunata dell'Asia, dell'Africa e della stessa Europa ortodossa, che rimasero aperte agli attacchi di popoli nomadi, l'Europa cattolica ha potuto sviluppare la propria civiltà, negli ultimi mille anni, senza temere irruzioni imprevedibili che venissero da uno spazio ignoto". Ma l'immissione di queste forze e l'organizzazione di compagini statali nuove nell'Europa orientale non furono l'unico segno di cambiamento nel quadro politico dell'epoca. Anche gli antichi Regni del Centro e del Nord Europa subirono il contraccolpo e vi si adeguarono.
I vari Regni anglosassoni che si dividevano l'Inghilterra furono investiti e travolti dalle incursioni vichinghe. L'isola entrò così nell'orbita di Canuto il Grande (1014-35), il potente sovrano vichingo che per un breve periodo si trovò a reggere contemporaneamente le corone di Danimarca, Norvegia e Inghilterra. Nel 1042 ripresero però il sopravvento gli anglo-sassoni, che rioccuparono la monarchia con Edoardo il Confessore (1042-66). Alla sua morte un nuovo capovolgimento: il duca di Normandia
Guglielmo il Conquistatore guidò una massiccia invasione che lo portò sul trono d'Inghilterra (1066-87) che da quel momento i normanni avrebbero tenuto saldamente (battaglia di Hastings, 1066). A questo grande sovrano si deve, tra l'altro, un gigantesco inventario dei beni e della popolazione del suo Regno, il cosiddetto Domesday Book ("Libro del giorno del giudizio"), che rappresenta uno dei documenti più importanti per la storia economica e sociale di questo periodo del Medioevo.
In Francia, Carlo il Semplice (il sovrano che aveva concesso ai normanni d'insediarsi in Normandia:
8.2) cercò invano di ripristinare l'unità dell'Impero e fu abbattuto da una congiura di feudatari. Alla sua morte si aprì una fase di anarchia che segnò la fine della dinastia carolingia. Prevalse in ultimo
Ugo Capeto (987-96), capostipite della dinastia capetingia, che avrebbe legato per secoli il proprio destino a quello della Francia. I sovrani capetingi erano considerati detentori di un potere sacrale, che li rendeva in grado di operare guarigioni miracolose: un aspetto questo molto importante per comprendere la mentalità dell'epoca e un fondamentale aspetto del rapporto tra monarchie e papato (
9.3). Benché i Capetingi detenessero di fatto il diretto controllo della sola regione di Parigi, loro feudo, riuscirono tuttavia a consolidare una linea di successione dinastica che fu fonte di autorevolezza per la corona ed elemento di stabilità nell'area francese (non si registrarono più drammatiche vicende di lotte per la successione al trono, come al tramonto dei Carolingi). La solidità della dinastia è testimoniata dalla durata stessa dei regni: Filippo I regnò quarantotto anni (1060-1108), Luigi VI ventinove anni (1108-1137), Luigi VII quarantatré anni (1137-1180).
A questo processo di relativa stabilizzazione di un potere centrale in Francia e in Inghilterra (per l'analogo sviluppo in Germania
8.5) fa riscontro in Italia una situazione di estrema frammentazione. Con la deposizione di Carlo il Grosso, il Regno d'Italia (comprendente Toscana e Italia settentrionale) diventò indipendente. La corona venne quasi ininterrottamente disputata tra i più potenti signori italiani (marchesi del Friuli, di Ivrea, di Toscana, duchi di Spoleto) con forti interferenze d'oltralpe (re di Provenza e di Borgogna); l'ambizione dei diversi concorrenti era sollecitata anche dalla possibilità di esercitare il proprio controllo sul soglio pontificio, ormai privo della protezione carolingia, e aspirare, quindi, anche al titolo imperiale.
Nell'888 fu eletto re Berengario del Friuli (Berengario I), che venne però subito scalzato da Guido da Spoleto che, nell'891, si fece anche consacrare imperatore dal papa e si associò il figlio Lamberto; tuttavia, il pontefice Formoso (891-96) concesse successivamente il titolo imperiale al re di Germania Arnolfo di Carinzia. Da questo clamoroso voltafaccia derivò il macabro e celebre episodio del processo postumo a Formoso: alla sua morte, infatti, Lamberto di Spoleto riprese il controllo della situazione a Roma e impose come pontefice Stefano VII, il quale fece riesumare il cadavere di Formoso, lo portò in giudizio e ne fece disperdere i resti nel Tevere. Alla morte di Lamberto (898), Berengario I riprese la corona; la perse nuovamente dal 900 al 905 per intervento di Ludovico di Provenza; la riottenne subito dopo - fino al 923 -, ricevendo la consacrazione imperiale nel 915. Dal 926 al 947 re d'Italia fu Ugo di Provenza. Egli riuscì per breve tempo a controllare anche i territori pontifici grazie al matrimonio con Marozia, figlia del più potente esponente dell'aristocrazia romana, Teofilatto, che di fatto era padrone delle elezioni papali. Ugo fu però presto allontanato da Roma, dove il potere fu assunto da un figlio di primo letto di Marozia, Alberico. Alla morte di Ugo di Provenza, la corona d'Italia passò a suo figlio Lotario e, quindi, nel 950, a Berengario d'Ivrea (Berengario II). Quest'ultimo si era affermato grazie all'appoggio del re di Germania Ottone I: un intervento, questo, di capitale importanza perché di lì a poco avrebbe dato l'avvio all'annessione del Regno d'Italia a quello di Germania (
8.5).
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