11.3 La tregua di Dio
Il X secolo fu per l'Occidente cristiano un secolo di ansie, di angosce, di attese religiose: i predicatori esortavano i fedeli alla penitenza e a prepararsi degnamente all'avvento del Cristo; circolavano profezie in cui l'imminente compiersi del destino umano veniva descritto in termini apocalittici, ovunque sorgevano movimenti penitenziali che cercavano di ricondurre i fedeli alla purezza delle origini. La Chiesa, in prima fila i riformatori di Cluny (
8.7), non restò indifferente di fronte a questa tensione spirituale e cercò di indirizzarla in due direzioni: la costruzione di nuove chiese e il pellegrinaggio.
L'Europa si costellò di cattedrali: "Era - scrive il cronista Rodolfo il Glabro - come se il mondo si fosse rivestito di un candido manto di chiese"; ogni chiesa cercò le sue reliquie, ognuna cercò un simbolo che la rendesse celebre e degna della devozione dei pellegrini. Il pellegrinaggio d'imponenti gruppi di fedeli da luoghi spesso molto distanti divenne infatti una caratteristica dell'epoca: esso era favorito dalla maggiore mobilità delle masse contadine in cerca di terre da dissodare, dall'alleggerimento dei rapporti di dipendenza, dalla timida ma significativa ripresa dei traffici.
Verso la fine del X secolo, dopo un lungo periodo d'insicurezza e di miseria si manifestavano chiaramente i segni di un progresso nascente: le campagne producevano di più, le città si rianimavano, le ultime invasioni si erano esaurite. L'Europa respirava. "Tutti erano sotto l'effetto delle calamità dell'epoca precedente e attanagliati dal timore di vedersi portar via in avvenire le dolcezze dell'abbondanza", dice un cronista dell'epoca.
Questo timore è in effetti una delle caratteristiche del periodo di cui ci occupiamo: esso si esprime, tra l'altro, in una serie d'iniziative volte a frenare quegli inutili spargimenti di sangue, che erano provocati in gran parte dalla morale guerriera dei cavalieri medievali e dalle incessanti "guerre private" a cui essi si dedicavano: sembra quasi che gli uomini volessero in questo modo salvaguardare il benessere che appariva all'orizzonte. Assemblee di vescovi, cui partecipavano i signori del tempo con i loro guerrieri, cominciarono a fissare, sotto pena di scomunica, le regole di una nuova, più mite, condotta militare, stabilirono i giorni e i luoghi in cui era proibito combattere, definirono le categorie contro le quali era proibito alzare le armi; tra esse spiccano, in modo significativo, gli uomini di Chiesa e i lavoratori. A questa
tregua di Dio, come la chiama un testo dell'epoca, spettava il compito di ridare fiato a un'umanità prostrata da secoli di miseria e di sciagure (p. 245).
Ma l'aggressività, la voglia di combattere, di mettere in mostra il proprio valore, era una molla troppo forte tra i guerrieri dell'epoca e non bastavano parole d'ordine di questo genere per tenerla a freno. Intervenne allora la Chiesa a canalizzare queste tendenze secondo fini utili alla Cristianità; un concilio tenutosi a Narbona nel 1054 proclamò solennemente: "Nessun cristiano uccida un altro cristiano, perché chi uccide un cristiano sparge il sangue di Cristo". L'aggressività veniva in questo modo distolta dagli uomini e dalle ricchezze del mondo evangelizzato e orientata altrove, contro gli "infedeli", contro i nemici di Dio. Se uccidere un cristiano era un peccato mortale, uccidere un infedele era dunque una buona azione, un merito di fronte al Signore e ai suoi protetti. Questa nuova morale della guerra fu la base ideologica di un fenomeno di vasta portata, che affascinò le coscienze degli uomini dell'epoca, fece nascere leggende ed epopee, ma soprattutto seminò stragi e sciagure: il movimento crociato diretto verso la Terrasanta e l'aggressione ai domini islamici in Europa.
Torna all'indice