6.13 Sommario
Nell'Italia degli inizi dell'VIII secolo i bizantini erano costretti a una politica difensiva per le minacce che da oriente gravavano sull'Impero, e inoltre si trovavano di fronte all'ostilità delle popolazioni italiche sottoposte e del papa (che non tollerava le ingerenze dell'imperatore d'Oriente in campo religioso). L'equilibrio tra longobardi e bizantini si ruppe in conseguenza della lotta che entro l'Impero d'Oriente oppose gli iconoclasti, capeggiati dall'imperatore stesso, ai tradizionalisti: una lotta in cui ai motivi religiosi si univano quelli sociali. Avverso al movimento iconoclasta e desideroso di staccarsi da Costantinopoli, il papato cercò una soluzione nell'appoggio dei franchi, un popolo germanico che godeva di grande prestigio nel mondo cristiano (nel 732 aveva bloccato a Poitiers l'avanzata musulmana dalla Spagna).
Nel 727 le popolazioni italiche soggette a Costantinopoli si ribellarono; di ciò approfittò il longobardo Liutprando per invadere il Lazio, da cui tuttavia si ritirò l'anno successivo (donando alla Chiesa Sutri e altri territori). Il papa, non convinto del pentimento del re longobardo, richiese l'aiuto dei franchi, che ottenne solo più tardi - dopo una ripresa dell'espansionismo longobardo - da Pipino il Breve (755) che sconfisse i longobardi e consegnò al papa i territori da questi strappati ai bizantini. Il dominio longobardo crollò nel 774 con l'intervento in Italia del nuovo re franco Carlomagno; ai bizantini restavano Sardegna, Sicilia, Calabria e parte della Puglia.
I successi di Carlomagno, basati su una indiscutibile superiorità militare, non si limitarono all'Italia. Con la sconfitta dei sassoni e delle popolazioni della Frisia settentrionale i confini dell'Impero carolingio giunsero al corso inferiore dell'Elba e al Mare del Nord. Inizialmente meno fortunata, la lotta contro i musulmani di Spagna si concluse con la conquista del territorio tra i Pirenei e l'Ebro. Infine la sottomissione degli àvari aggiunse ai domini di Carlomagno la Baviera.
L'espansionismo franco assunse i caratteri di una guerra in difesa della fede cristiana, che fu imposta a forza alle popolazioni pagane sconfitte, costrette spesso a scegliere tra il battesimo e la morte. Benché promulgasse leggi in materia religiosa e convocasse sinodi e concili, Carlomagno non confuse il potere temporale con quello spirituale.
Il giorno di Natale dell'800, in San Pietro, Carlomagno fu incoronato dal papa "imperatore dei romani", un atto che segnava la nascita del Sacro Romano Impero. In questo modo il pontefice - che si trovava di fronte all'opposizione dell'aristocrazia romana - riaffermava solennemente la propria autorità; tagliava inoltre i ponti con le pretese bizantine sulla Chiesa di Roma. L'incoronazione, che non era prevista, provocò, per contro, una certa preoccupazione in Carlomagno: infatti essa negava l'indipendenza dell'imperatore e acuiva il contrasto con i bizantini, che sfociò in una guerra (conclusasi con alcune concessioni territoriali da parte dei franchi).
Il centro dell'Impero carolingio era la corte, la cui sede principale era Aquisgrana (l'imperatore risiedeva però anche altrove per cementare la fragile unità dei suoi domini); qui si riunivano i grandi dell'Impero per emanare i capitolari. Nonostante gli intenti di alcune di queste disposizioni legislative, i singoli popoli dell'Impero continuarono ad usare leggi e consuetudini proprie. L'Impero era diviso in contee - affidate ai conti, che ricoprivano funzioni civili e militari - e, nelle zone di frontiera, in marche. La struttura amministrativa, in cui il raccordo tra centro e periferia era affidato ai missi dominici, aveva tuttavia un carattere alquanto precario.
Carlomagno esercitò anche un'importante azione in campo culturale: in particolare, sollecitò chierici e monaci all'uso di un latino più corretto così che essi potessero adempiere meglio ai loro compiti religiosi e, nel contempo, essere impiegati quali funzionari imperiali. L'esigenza di maggior chiarezza nella scrittura portò all'introduzione della minuscola carolina, mentre la necessità di una migliore formazione culturale fu all'origine della fondazione della Schola palatina e di altri centri d'insegnamento. Se è forse esagerato parlare di "rinascimento" carolingio, è però vero che nel IX secolo si manifestò un maggior spirito critico nella lettura dei testi sacri e un nuovo interesse per la letteratura latina.
Per assicurare il controllo dei territori conquistati e per tenere a bada l'aristocrazia franca, Carlomagno fece largo uso del vassaticum: rapporto personale di fedeltà al sovrano in cambio di terre (e della delega ad esercitarvi le prerogative regie). Su questa base si formò il sistema feudale, che si diffuse in tutta Europa, raggiungendo la sua forma più matura tra il X e l'XI secolo (il vassallaggio finì col permeare tutta l'organizzazione sociale, con una lunga gerarchia di rapporti di dipendenza personale). Al sistema feudale si accompagnò la debolezza del potere del sovrano, costretto a delegare le proprie prerogative e a frammentare le proprie terre.
L'economia feudale si fondava sulla villa, divisa nella riserva o pars dominica, comprendente le terre amministrate direttamente dal padrone, e nella pars massaricia, l'insieme dei poderi coltivati con una certa autonomia da contadini e servi. A causa della cronica deficienza di manodopera, era alle prestazioni (corvées) di questi ultimi che il padrone faceva ricorso in modo massiccio per la conduzione della riserva. La stagnazione economica caratteristica di questo sistema era dovuta al fatto che il surplus prodotto dai contadini veniva espropriato dai signori e impiegato in spese improduttive. Dato che questi signori erano anzitutto dei guerrieri, le loro residenze divennero presto dei castelli fortificati.
Al carattere continentale dell'Impero carolingio (dovuto anzitutto alla perdita di unità del Mediterraneo, conteso tra arabi e bizantini) corrispondeva un'economia "chiusa": l'agricoltura aveva un ruolo determinante, la circolazione delle merci era assai limitata, la moneta era stata quasi interamente sostituita dal baratto. La villa divenne la sede anche delle attività non agricole, grazie alla presenza (spesso come coloni-artigiani) di lavoratori dei più diversi mestieri; in tal modo essa costituì un centro del tutto autosufficiente.
Il crollo demografico successivo all'età delle invasioni avrebbe dovuto consentire, in teoria, una migliore alimentazione delle popolazioni, visto anche che l'incontro tra germani e romani aveva portato all'integrazione tra i settori produttivi silvo-pastorale e agrario. In realtà la condizione della popolazione contadina era assai precaria: bastava infatti un cattivo raccolto per scatenare carestie ed epidemie. Inoltre la produttività agricola era molto bassa, a causa della policoltura dovuta al carattere chiuso dell'economia dell'epoca e a causa del basso livello delle tecniche agricole. Di fronte alla dura oppressione esercitata dai grandi proprietari, le forme di reazione più frequenti da parte dei contadini erano la fuga e il banditismo. Ad esse si aggiungeva una forma di resistenza spirituale, testimoniata dal persistere della religiosità pagana in molte zone d'Europa.
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