10.8 Sommario
Tra il 1000 e il 1300 si verificò in Europa un'imponente crescita demografica. Se è impossibile determinarne le cause in modo univoco, si può tuttavia indicare un insieme di fenomeni di diversa natura che favorirono l'incremento della popolazione: miglioramento delle condizioni ecologiche, fine delle invasioni barbariche, consolidamento del sistema feudale, diminuzione dell'infanticidio e, soprattutto, la possibilità di cui cominciarono a godere i servi di coltivare autonomamente la terra. L'aumento della manodopera conseguente all'incremento demografico portò alla colonizzazione di vaste regioni europee fino allora occupate da foreste o da paludi.
Agli inizi del XIII secolo la società medievale aveva carattere prevalentemente agricolo: la terra era la principale fonte della ricchezza e del prestigio sociale. L'aumento demografico fu sostenuto da importanti perfezionamenti delle tecniche agrarie: impiego dell'aratro pesante, rotazione triennale delle colture, diffusione del mulino ad acqua, maggior produzione e miglior qualità degli utensili (dovute ai progressi della metallurgia). Le rese agricole aumentarono, attestandosi mediamente intorno al rapporto di 1:3, 1:4 (ciò, comunque, non provocò un considerevole miglioramento delle condizioni di vita dei contadini).
Per un insieme di cause, tra le quali la più importante è costituita dai trasferimenti su nuove terre da coltivare, si affermò nell'Europa del XIII secolo la famiglia ristretta, parallelamente alla decadenza della famiglia allargata. Le famiglie contadine di norma vivevano in un villaggio. La comunità di villaggio era tenuta insieme da vincoli assai stretti, di natura materiale (la collaborazione nei grandi lavori stagionali) e religiosa; tali vincoli furono incrinati, proprio nel corso del XIII secolo, da una progressiva differenziazione economica tra i membri della comunità.
Incremento demografico e aumento della produttività agricola stimolarono lo sviluppo urbano, particolarmente evidente in Italia, in Fiandra, nella valle del Reno. La città, a sua volta, esercitò una forte attrazione sulle campagne, diventando punto di riferimento dell'attività agricola e dando ai servi che vi si trasferivano, per diventare operai o artigiani, la possibilità di ottenere la libertà. Sempre più si accentuò la divisione tra attività rurali e attività urbane.
Lo sviluppo delle attività artigianali urbane (soprattutto tessili) portò alla formazione di associazioni, chiamate in Italia Arti o Corporazioni, che controllavano minutamente gli orari e le condizioni di lavoro come anche le caratteristiche del prodotto, e impedivano che una bottega acquisisse un vantaggio eccessivo rispetto alle altre. L'iniziativa individuale trionfava nel campo commerciale, ove enormi erano i rischi ma assai elevati potevano essere i guadagni: ed è appunto il mercante la figura più rappresentativa del dinamismo dell'economia cittadina. In quest'epoca di risveglio economico urbano cominciò a diffondersi l'assicurazione (legata ai rischi del commercio), rinacquero le attività bancarie e riprese la circolazione monetaria.
Anche sul piano della mentalità il decollo delle attività mercantili e manifatturiere rappresenta un fattore fortemente dinamico: il mondo del guadagno fu sempre meno visto con disprezzo, soprattutto nel momento in cui anche i nobili vi furono attratti e i ceti emergenti poterono, a loro volta, assumere uno stile di vita aristocratico.
I principali poli dello sviluppo urbano in Italia furono le cosiddette "città marinare", Amalfi, Genova, Pisa, Venezia: esse conquistarono già nell'XI secolo una posizione eminente nei traffici mediterranei, entrando poi in conflitto tra loro. Più lento fu lo sviluppo di numerosi altri centri dell'Italia centro-settentrionale: in particolare, Milano e Firenze solo nel XIII e XIV secolo assurgeranno a potenze egemoni nell'area lombarda e toscana. In Europa, oltre alle Fiandre e alla valle del Reno, un'area di intensa urbanizzazione fu quella baltica, dove nel XIV secolo fiorirà la lega commerciale dell'Hansa tedesca.
Torna all'indice