17.6 Il Regno di Napoli
Il Regno di Napoli era il più vasto Stato della penisola, ma a questa grandezza territoriale non corrispondeva un'adeguata forza economica e militare: nel momento in cui nelle città dell'Italia settentrionale un'intraprendente borghesia sviluppava i propri traffici e le proprie attività finanziarie, nel Regno di Napoli restavano saldamente radicate le strutture feudali, e le grandi attività commerciali e bancarie rimanevano in mano a stranieri (soprattutto fiorentini e catalani), poco interessati a reinvestire sul luogo i loro guadagni. Nel Regno l'urbanizzazione era molto debole e, se si esclude Napoli - della quale Roberto d'Angiò fece un grande centro culturale - mancavano città di livello europeo.
I baroni giunti al seguito degli angioini (
12.9) dominavano nei loro enormi latifondi coltivati da masse di contadini impoveriti e contrastavano con successo i timidi tentativi dei re di dar vita a un governo maggiormente centralizzato. Anzi, per placare la turbolenza e l'avidità dei baroni, la corona procedeva frequentemente alla concessione di nuove terre e di nuovi privilegi che indebolivano ulteriormente il suo potere. Nel Regno di Napoli si verificava, in sostanza, una situazione diametralmente opposta a quella delle grandi monarchie di Francia e di Inghilterra: qui i re, appoggiandosi alla borghesia, riuscivano a indebolire i feudatari e a costruire compagini statali autorevoli e accentrate; nel Regno di Napoli, in mancanza di una forte borghesia, il re era isolato, e quindi inerme rispetto ai baroni.
Questa grave situazione politica e sociale si accentuò a causa di una interminabile crisi dinastica, che per decenni portò il Regno allo sbando. Essa ebbe inizio nel 1343, alla morte del re
Roberto d'Angiò, sovrano di grande prestigio e leader della causa guelfa in Italia (
13.6). Sua erede fu la nipote Giovanna I (1343-82), una figura molto discussa per motivi morali e per il malgoverno che contraddistingueva il suo regno. Giovanna era andata in moglie ad Andrea, fratello del re Luigi d'Ungheria. Quando Andrea morì in circostanze misteriose, il re d'Ungheria accusò Giovanna di essere complice dell'assassinio e rivendicò per sé la corona di Napoli. Ne nacque una guerra che si concluse nel 1352 con un nulla di fatto.
Terminata questa crisi, se ne aprì immediatamente un'altra. All'inizio del Grande scisma (
13.8) Giovanna si schierò incautamente dalla parte del papa di Avignone. Questa decisione le valse la scomunica immediata da parte del papa romano Urbano VI, che offrì la corona di Napoli a Carlo III di Durazzo, che era anche erede al trono ungherese. Il Regno di Napoli era giuridicamente vassallo del papato e quindi il pontefice era legittimato nella sua azione. Ma naturalmente Giovanna si oppose a questa designazione e indicò come proprio erede Luigi I d'Angiò, fratello di Carlo V re di Francia.
Entrato a Napoli nel 1381, Carlo III catturò Giovanna e la fece uccidere. Egli regnò dal 1384 al 1386, cumulando per un anno (dal 1385) anche la corona d'Ungheria. Alla sua morte il trono napoletano passò al figlio
Ladislao (1386-1414) che mise in atto una politica espansionistica estendendo il proprio dominio a Roma, in Toscana, nelle Marche e in Romagna. Questi successi lo fecero apparire per qualche tempo in grado di soggiogare tutta la penisola fino alla Val Padana.
Ladislao morì nel 1414 e gli successe la sorella Giovanna II (1414-35), sotto la quale il Regno cadde nel caos e l'irrequietezza dei baroni raggiunse l'apice. Giovanna non aveva eredi legittimi e la successione al Regno di Napoli fu pertanto oggetto di una nuova contesa. Protagonisti dello scontro furono
Alfonso, re di Aragona e di Sicilia (che fu poi chiamato
il Magnanimo), e Renato d'Angiò-Valois. Firenze, Venezia, Milano e Genova parteggiavano apertamente per quest'ultimo. Temevano, infatti, che il successo del re di Aragona creasse nella penisola una compagine troppo forte e pericolosa.
Nel 1435 i genovesi diedero l'impressione di aver risolto la contesa: infatti, in uno scontro navale presso l'isola di Ponza, catturarono re Alfonso in persona. Ma i giochi furono riaperti da un autentico colpo di scena: il duca di Milano Filippo Maria Visconti, temendo un eccessivo rafforzamento degli angioini (strettissimi alleati della monarchia francese, che accampava diritti su Milano) liberò Alfonso di Aragona, che nel 1442 si insediò nel Regno di Napoli.
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