17.4 La Repubblica fiorentina
A Firenze le istituzioni repubblicane resistettero molto più a lungo che a Milano. Dalla seconda metà del Trecento la città toscana concretizzò la sua supremazia militare nella regione con una serie di importanti annessioni: Arezzo nel 1384, Montepulciano nel 1390, Pisa nel 1406, Cortona nel 1411, Livorno nel 1421. Nemmeno questo dominio della Repubblica fiorentina - come quello della signoria viscontea e delle altre compagini che si dividevano il territorio della penisola - si tramutò in un'organica struttura statuale: era una giustapposizione di territori dipendenti a vario titolo della città-guida.
Dopo il tragico fallimento del tumulto dei Ciompi (
15.6), l'egemonia politica era saldamente nelle mani di alcune tra le famiglie più ricche. Prevalse su tutte la famiglia degli Albizzi, appoggiata dai grandi imprenditori della lana e della seta e dai nobili di tradizione guelfa. I loro oppositori facevano capo a
Cosimo dei Medici, un personaggio di origini umili, che dirigeva però un vero e proprio impero economico: la sua banca - la più importante d'Europa - prestava denaro ai principi, ai re, ai papi, le sue imprese commerciali dislocate in Italia e all'estero trafficavano con i paesi più lontani, dall'Oriente all'Europa del Nord. Questa immensa ricchezza, unita all'appoggio del popolo e di alcune famiglie potenti, fu la carta vincente di Cosimo, che nel 1434 riuscì a sconfiggere i suoi nemici e a impadronirsi del potere. Un potere che assomigliava molto a una signoria, anche se Cosimo si guardò bene dal farsi chiamare signore: egli comprese, infatti, con grande lucidità, che i suoi concittadini erano troppo attaccati alla vecchia tradizione repubblicana e vivevano ancora con troppo orgoglio i sentimenti della libertà cittadina per rinunciarvi senza pentimenti. Egli, pertanto, non introdusse modifiche istituzionali, né assunse cariche eccezionali, ma esercitò un ferreo controllo di fatto sulla vita politica della città, collocando uomini di sua fiducia nei posti chiave e agendo in modo spregiudicato sui meccanismi elettorali ("Cosimo - osservò il pontefice Pio II - benché sia il padrone della città, si comporta come un privato, e preferisce essere piuttosto che apparire").
Da un punto di vista politico, il trentennale potere di Cosimo (1434-64) rappresenta un periodo di continuità con la fase precedente: cambiarono gli uomini al governo e alcune famiglie presero il sopravvento su altre, ma Firenze restò dominata da un'oligarchia ristretta, che non apriva alle masse popolari la possibilità di partecipare concretamente alla gestione della cosa pubblica.
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