6.8 Il "rinascimento" carolingio
Accanto alla sua azione in campo militare e amministrativo, Carlomagno attuò anche una ben precisa iniziativa in campo culturale. Insistente fu il suo invito a chierici e monaci, affinché acquisissero l'uso di un latino più chiaro e corretto, che consentisse loro di esercitare cariche amministrative presso la corte o come missi dominici e, soprattutto, di coltivare una corretta lettura e esegesi dei testi sacri. Gli uomini di Chiesa, infatti, erano rimasti, dopo la tempesta delle invasioni barbariche, l'unica categoria ad alfabetizzazione relativamente alta (benché anch'essi avessero risentito del generale calo del livello culturale) ed era dunque ovvio che l'imperatore si rivolgesse ad essi in prima istanza. Come funzionari di un Impero che aveva un'estensione considerevole e controllava aree con tradizioni linguistiche e organizzazioni politiche assai differenti, gli ecclesiastici dovevano garantire la chiarezza e l'esattezza della comunicazione scritta di notizie e disposizioni; come esponenti della Chiesa, essi dovevano assicurare un'ineccepibile intelligenza e trasmissione della Parola di Dio.
L'impegno profuso da Carlomagno per la risoluzione dei problemi dell'organizzazione amministrativa e della vita religiosa sortì conseguenze di notevolissimo rilievo. L'esigenza di chiarezza nell'espressione scritta portò alla trasformazione delle varie grafie in uso nell'Impero e alla loro riduzione a un'unica tipologia, la
minuscola carolina che, salvo una pausa tra XII e XV secolo (dovuta all'avvento della scrittura gotica elaborata negli ambienti universitari), ha predominato nel mondo occidentale fino ai nostri giorni. Inoltre, per assicurare un'appropriata formazione culturale sia ai chierici che ai laici, nel 781 il monaco Alcuino, autorevole consigliere di Carlomagno, fondò presso la corte di Aquisgrana una scuola, la
Schola palatina, il cui esempio fu seguito presso numerose chiese, cattedrali e monasteri. La Schola palatina rappresentò un qualificato centro d'insegnamento delle sette arti liberali (il trivio: grammatica, retorica, dialettica; il quadrivio: aritmetica, geometria, musica, astronomia) e un polo di attrazione per intellettuali provenienti da tutto l'Occidente franco: uno fra tutti, Paolo Diacono, di nobile famiglia longobarda friulana, autore della Historia Langobardorum e dotto revisore di codici manoscritti.
Il risveglio d'interesse per gli studi e il desiderio di recupero del latino sollecitarono anche un più aperto rapporto della ristretta élite intellettuale con il patrimonio culturale classico. È forse esagerato parlare di
rinascimento carolingio, come è stato fatto forzando alcuni elementi di somiglianza con l'Umanesimo italiano di qualche secolo dopo, ma certamente nel IX secolo si assiste a una cauta ripresa dell'esercizio dello spirito critico anche nella lettura dei testi sacri e a un più largo interesse verso i tesori della letteratura latina che, anche grazie all'introduzione della minuscola carolina, vennero più frequentemente e con maggior cura riprodotti dai copisti (p. 125).
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