6.9 Le origini del feudalesimo
Un'organizzazione come quella dell'Impero carolingio rappresentava un'eccezione nel quadro politico, così disgregato, della società altomedievale, ma quella stessa struttura, pur rappresentando una novità di rilievo, era ancora troppo debole per assicurare realmente un efficace controllo sui territori conquistati da Carlomagno e sulle genti che li popolavano. Un altro punto delicato dell'Impero consisteva nella tradizionale irrequietezza dell'aristocrazia franca: una classe dirigente guerriera, che poteva contare su clientele personali molto vaste e considerava la propria indipendenza come un privilegio irrinunciabile, che non sempre era possibile armonizzare con le esigenze di un monarca autoritario e potente.
Per far fronte a queste difficoltà Carlomagno fece largo uso di una tradizionale istituzione franca, il
vassaticum. Si trattava di un particolare rapporto che legava un signore a individui (vassi, "vassalli", dal termine celtico gwassalw, "servitore") che gli assicuravano servizi di difesa militare in cambio di un beneficio che normalmente consisteva in un possedimento fondiario. Carlomagno estese questo rapporto ai funzionari dell'Impero: conti, duchi, marchesi erano al tempo stesso anche vassalli, legati al monarca da un rapporto personale di fedeltà, in cambio del quale ricevevano "in beneficio" terre più o meno vaste, da cui traevano rendite e clientele, e che erano immuni dal potere regio.
Si cominciò a formare così, in età carolingia, una nuova organizzazione del potere e della società che avrebbe raggiunto la sua forma più matura tra il X e l'XI secolo, quando apparirà ormai diffusa, con varie caratteristiche, in tutta Europa (
8.3). Dal nome con cui fu più tardi chiamato il beneficio, feudo, questa organizzazione viene chiamata
sistema feudale o
feudalesimo.
Il contratto di vassallaggio non era un semplice accordo tra due parti, ma un impegno di carattere etico e sacrale che costituiva il perno centrale nel sistema dei valori sociali dell'epoca. Anzitutto era sancito da un vero e proprio rito: il vassallo si inginocchiava e poneva le mani giunte in quelle del suo signore facendo atto di omaggio, dichiarando cioè di diventare "uomo" del suo protettore. Seguiva poi una formula di giuramento, che non doveva essere lontana da quella che un vassallo rivolse a Carlomagno:
Giuro di essere fedele al mio signore Carlo, il piissimo imperatore, figlio del re Pipino e di Berta, come un vassallo per legge dev'essere al suo signore, per la salvaguardia del suo regno e della sua legge. Rispetterò e voglio rispettare questo giuramento, per quanto so e comprendo, da ora in poi, con l'aiuto di Dio, creatore del cielo e della terra, e di queste reliquie dei santi.
Dopo il giuramento il signore faceva alzare il vassallo e lo baciava sulla bocca. Seguiva la cerimonia dell'
investitura, durante la quale il signore consegnava al vassallo un oggetto (uno scettro, un anello, un coltello, un guanto, uno stendardo, ecc.), che simboleggiava l'assegnazione del feudo. Le due parti erano così legate da un vincolo molto forte, materiale e morale: il vassallo che non manteneva fede ai suoi impegni diventava un "fellone", era oggetto di riprovazione generale e il signore non era più tenuto a proteggerlo. Quest'ultimo era inoltre autorizzato a riprendersi il feudo. Ugualmente nulla era dovuto, da parte del vassallo, a un signore che trascurava i propri doveri.
In origine la caratteristica tipica del rapporto feudale era che il feudo poteva essere revocato - o per la morte del vassallo o per ragioni varie - e assegnato ad altri. Ciò rappresentava per il re la più concreta garanzia della fedeltà dei suoi vassalli. Per questa ragione, finché furono abbastanza forti da riuscirci, i Carolingi bloccarono ogni tentativo dei vassalli di appropriarsi dei feudi e di trasmetterli in eredità ai propri figli.
I rapporti di vassallaggio si estesero col tempo a tutta l'organizzazione sociale: oltre ai vassalli del sovrano ci furono vassalli di vassalli (o "valvassori"), e così via, fino a costituire una lunga gerarchia di rapporti di dipendenza personali - dall'umile contadino al re - in cui ogni vassallo aveva obblighi soltanto nei confronti del proprio diretto signore.
Le caratteristiche stesse del sistema che abbiamo descritto spiegano la debolezza del potere regio nella società dell'epoca. Non si tratta soltanto di una debolezza politica (delega delle prerogative del sovrano ai suoi vassalli) ma anche di una debolezza economica. Il patrimonio regio è infatti soggetto a un continuo impoverimento, appena attenuato dalle requisizioni e dalle guerre di conquista; esso è anzitutto diviso tra gli eredi al trono, poi viene frammentato dalle concessioni di feudi, indispensabili per ottenere l'appoggio dei potenti, in pace come in guerra. È indicativo il fatto che nel IX secolo, in una regione fertile come la Borgogna, le terre appartenenti al re fossero appena il 4% di quelle coltivate, mentre quelle ecclesiastiche erano un terzo del totale o addirittura la metà. In effetti il patrimonio ecclesiastico si trovava in una condizione di gran lunga più favorevole.
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