15.4 Trasformazioni della nobiltà
La crisi delle rendite signorili andò di pari passo con alcune importanti trasformazioni nella composizione della nobiltà stessa. Dal punto di vista economico, la nobiltà medievale era un gruppo molto eterogeneo e stratificato. La maggior parte era costituita da nobili poveri, il cui livello di vita non differiva molto da quello dei piccoli e medi contadini, mentre era assai lontano da quello dei nobili più ricchi, proprietari di vaste terre e di castelli.
Oltre a essere molto differenziata al suo interno, la nobiltà era anche un gruppo fluido, che si rinnovava costantemente. I motivi di questo fenomeno sono molti. Anzitutto i quadri della nobiltà erano sottoposti a un'incessante emorragia a causa delle continue guerre che li vedevano nel ruolo di protagonisti: il nobile medievale doveva essere principalmente un guerriero e il rispetto per il vinto, soprattutto se di stirpe illustre, non rientrava nel codice di comportamento dei cavalieri dell'epoca, che univano quasi sempre alla vittoria la vendetta, il saccheggio, la confisca dei beni, la richiesta di riscatti.
La preoccupazione costante, per un nobile, era quella di mantenere indiviso il proprio patrimonio: un'equa spartizione tra tutti gli eredi avrebbe significato il decadimento della casata e la perdita di un prestigio ritenuto inscindibile dalla ricchezza e dal lusso. Accadeva così che molti membri di una famiglia nobile venissero rinchiusi nei monasteri o entrassero nei ranghi ecclesiastici.
A questo deflusso dai ranghi della nobiltà faceva riscontro un movimento opposto: l'ascesa di individui socialmente emergenti che s'infiltravano nella nobiltà consacrando, con l'acquisizione di un rango, il proprio successo nel campo, meno glorioso, degli affari. Borghesi e contadini arricchiti venivano così a formare una nuova nobiltà, intraprendente e affarista.
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