8.9 Sommario
La debolezza dell'Impero carolingio emerse alla morte di Carlomagno, quando riprese vigore la lotta dei feudatari per l'ereditarietà dei feudi, sancita infine nell'877. Il successore di Carlomagno, Ludovico il Pio, non volendo smembrare l'Impero designò a suo erede il primogenito. Ciò causò una lunga lotta che oppose, l'un l'altro, Ludovico e i suoi quattro figli. Infine l'accordo di Verdun (843), sancì la spartizione dell'Impero fra i tre figli superstiti: a Lotario il Regno d'Italia (e il territorio tra Reno e Loira), a Ludovico il Germanico il Regno di Germania, a Carlo il Calvo il Regno di Francia. Il titolo di imperatore, che spettava a Lotario, ormai aveva solo valore formale.
La debolezza dell'Impero carolingio favorì nuove invasioni. I saraceni nel corso del IX secolo conquistarono la Sicilia, che sotto il loro dominio visse un periodo di grande splendore; l'isola costituì la base per continue incursioni nel resto d'Italia. Rivolte al compimento di razzie erano pure le incursioni compiute dagli ungari in Europa nella prima metà del X secolo, finché si insediarono in Ungheria. Il colpo definitivo all'Impero carolingio fu inferto dai normanni (o vichinghi), provenienti dalla Scandinavia. Essi giunsero nelle regioni del Mar Caspio e del Mar Nero, ma soprattutto si insediarono in Islanda e in Groenlandia, nell'Inghilterra centromeridionale e in Irlanda, compirono inoltre incursioni in vari paesi europei e ottennero alcuni territori della Francia del Nord (Ducato di Normandia).
La frammentazione dell'Impero in territori di fatto autonomi sotto un proprio signore sopravvisse alla fine delle invasioni. Nel suo territorio ciascun signore esercitava un potere coercitivo sulle popolazioni contadine, costrette a fornire tributi e prestazioni di lavoro, ed amministrava la giustizia. Gli stessi vassalli che avevano in custodia i territori della Chiesa assunsero il ruolo di signorotti autonomi, a testimoniare come anche la Chiesa fosse pienamente inserita nel sistema feudale. Nelle campagne europee la penetrazione della Chiesa era totale, grazie a una fitta rete di parrocchie rurali sulle quali i signori tendevano ad esercitare una stretta influenza (tra l'altro, incamerandone parte delle rendite).
Dopo le nuove invasioni, le popolazioni insediatesi nell'Europa orientale adottarono istituzioni religiose e politiche europee. In Pannonia si costituì il Regno di Ungheria, più a nord il Regno di Polonia; il Principato di Kiev fu fondato da una dinastia scandinava presto assimilata da principi slavi. Ai confini dell'Impero bizantino una tribù slava costituì il Regno di Bulgaria. La costituzione di questi regni cristiani lungo le frontiere orientali e settentrionali mise per sempre l'Europa al riparo da nuove invasioni.
Cambiamenti importanti si verificarono anche nel Centro e Nord Europa. Investita dalle incursioni vichinghe, l'Inghilterra vide infine salire al trono un re normanno, Guglielmo il Conquistatore (1066). In Francia una fase di anarchia segnò la fine della dinastia carolingia; una situazione di stabilità si realizzò dopo l'ascesa al trono di Ugo Capeto (987). L'Italia si trovava invece in una situazione di estrema frammentazione. Dopo che, con la deposizione di Carlo il Grosso (887) il Regno d'Italia (cioè Toscana e Italia settentrionale) era divenuto indipendente, la corona fu a lungo disputata tra i più potenti signori della penisola.
Nel Regno di Germania, dopo la disgregazione dell'Impero carolingio, si aprì una fase di lotta tra i duchi per la conquista della corona, fase conclusa dall'affermazione, con Enrico l'Uccellatore, della dinastia di Sassonia (919). Il figlio Ottone I coronò l'opera del padre, rafforzando il potere monarchico (attraverso i vescovi-conti) e consolidando i confini. Nel 951, sceso in Italia, ne assunse il titolo di re e nel 962 si fece incoronare imperatore dal papa: nasceva così il Sacro Romano Impero di nazione germanica. Successivamente iniziò la conquista delle regioni dell'Italia meridionale, proseguita senza successo dal figlio Ottone II. Ottone III ispirò invano la sua politica al disegno di realizzare l'antico Impero universale di Roma.
Estintasi alla sua morte (1002) la dinastia di Sassonia, i nuovi imperatori Enrico II di Baviera e Corrado II il Salico (fondatore della dinastia di Franconia) si trovarono di fronte a sussulti di ribellione della grande feudalità italiana. Si aggiunse inoltre il contrasto tra grandi signori e valvassori, che sfociò a Milano in uno scontro armato con la richiesta a Corrado II di intervenire. Nel 1037 questi riconobbe anche ai valvassori l'ereditarietà dei benefici feudali. Durante questo scontro interno alla gerarchia feudale si affacciò sulla scena politica un nuovo protagonista, il "popolo" di Milano, che ottenne infine il diritto di partecipare al governo della città.
Al principio dell'XI secolo iniziò la penetrazione dei normanni nell'Italia meridionale. Con l'accordo di Melfi (1059) Roberto il Guiscardo ottenne dal papa il titolo di duca di Puglia, Calabria e Sicilia; questo atto del papato dipendeva anche dal definitivo scisma verificatosi tra le Chiese di Roma e Costantinopoli. La conquista normanna dell'Italia meridionale proseguì nei decenni successivi, estendendosi anche alla Sicilia ad opera di Ruggero d'Altavilla, il cui figlio (Ruggero II) riunificò i due domini normanni nel Regno di Sicilia (1130). Con il Regno normanno si costituì una forte organizzazione centralizzata.
Di fronte alle ingerenze del potere politico in campo religioso (nell'investitura dei vescovi ma anche dei pontefici) e ai numerosi episodi di immoralità e corruzione tra gli uomini di Chiesa (mancato rispetto del celibato, vendita delle cariche ecclesiastiche) si diffuse l'esigenza di una riforma religiosa, che prese corpo con la fondazione del monastero di Cluny (910) e poi di molti altri in tutta Europa. L'imperatore Enrico III, insediando al soglio pontificio un esponente del movimento riformatore (1046), diede un contributo decisivo alla restaurazione dell'autorità della Chiesa, che finì però col volgersi a danno del potere imperiale.
La cosiddetta lotta per le investiture, di cui furono protagonisti il papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV, scoppiò dopo la risoluta affermazione da parte del pontefice (1075) della propria superiorità sull'imperatore. Enrico IV, scomunicato, si rassegnò a chiedere il perdono papale (1077). La lotta tra papato ed Impero riprese negli anni successivi, durando oltre la morte dei due protagonisti, finché nel 1122, con il concordato di Worms, si raggiunse un accordo per cui al papa era riservata l'investitura religiosa dei vescovi e all'imperatore l'eventuale attribuzione di poteri politici. Il concordato di Worms non pose fine, peraltro, al contrasto tra papato e Impero che avrebbe caratterizzato tutta la storia europea del XII e XIII secolo, dando luogo alla formazione di due fazioni, i guelfi, sostenitori delle prerogative pontificie, e i ghibellini, fautori dell'autorità imperiale.
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