12.3 Innocenzo III e le glorie del papato
Il vuoto politico lasciato dalla morte di Enrico VI determinò una situazione favorevole all'altra grande forza in campo, il papato. L'occasione fu colta audacemente dal pontefice
Innocenzo III (1198-1216), la cui straordinaria personalità dominò i primi decenni del XIII secolo.
Discendente da una nobile famiglia romana, questo papa dal temperamento mistico e autoritario, manifestò con chiarezza, fin dai primi anni del suo pontificato, quale fosse il fine ispiratore della sua politica.
Come Dio - scriveva il pontefice nel 1198 - creatore dell'Universo, ha creato due grandi luci nel firmamento del cielo, la più grande per presiedere al giorno e la più piccola per presiedere alla notte, così egli ha stabilito nel firmamento della Chiesa universale [...] due grandi dignità: la maggiore a presiedere, per così dire, ai giorni, cioè alle anime, e la minore a presiedere alle notti, cioè ai corpi. Così, come la luna riceve la sua luce dal sole e per tale ragione è inferiore a esso per quantità e qualità, dimensioni ed effetti, similmente il potere regio deriva dall'autorità papale lo splendore della propria dignità e quanto più è con essa a contatto, di tanto maggiore luce si adorna e quanto più ne è distante tanto meno acquista in splendore.
Molti sovrani si affrettarono a prestare al papa l'omaggio feudale: s'inchinarono di fronte a lui i re di Aragona e del Portogallo, d'Inghilterra, di Bulgaria. Ma Innocenzo III intervenne più volte anche nelle vicende interne dell'Impero: prima (1209) elevò alla corona imperiale Ottone di Brunswick (Ottone IV); poi, deluso dal nuovo imperatore che cercava di accrescere la propria influenza in Italia e progettava d'invadere il Regno di Sicilia, lo scomunicò; approfittando infine della ribellione di molti baroni tedeschi e della sconfitta subita da Ottone nella battaglia di Bouvines del 1214 a opera del re di Francia Filippo Augusto (
13.2), designò al suo posto il giovanissimo sovrano di Sicilia
Federico II, che si era impegnato a non unire mai la corona imperiale a quella siciliana.
Una Chiesa attiva come quella di Innocenzo III non poteva trascurare il profondo malessere che turbava la Cristianità. In tutta Europa, ma soprattutto in Francia e in Italia centro-settentrionale, avevano preso vigore alcuni movimenti religiosi popolari che contestavano radicalmente l'ordine costituito. Essi combattevano l'autoritarismo ecclesiastico, criticavano gli interessi temporali e materiali del clero, respingevano quelle complicate impalcature dottrinali che sembravano soffocare i sentimenti religiosi più immediati e spontanei dei fedeli, sostenevano che la mediazione dei sacerdoti non era necessaria per interpretare la parola divina e che lo spirito divino entrava direttamente nel cuore degli uomini puri, senza bisogno dell'eucarestia, del battesimo, dell'assoluzione e degli altri sacramenti. A queste aspirazioni religiose si univano spesso rivendicazioni di carattere sociale: la lotta contro la ricchezza, la condanna dell'ingiustizia; si proponeva, in sostanza, un'uguaglianza totale, che cancellasse qualsiasi distinzione tra i lavoratori e i signori: una sfida aperta all'ideologia dominante, che metteva in discussione il fondamento stesso della società medievale.
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