11.5 La prima crociata
Nel concilio di Clermont del 1095 il pontefice Urbano II trasse le estreme conseguenze del movimento della tregua di Dio (
11.3) e additò, in modo inequivocabile, alla Cristianità il vero nemico da combattere: da troppo tempo, ormai, i cristiani si dilaniavano tra loro in guerre fratricide, mentre i nemici di Cristo prosperavano e occupavano sacrilegamente i luoghi santi che avevano visto la nascita, la predicazione e la morte di Gesù, i luoghi dove si trovavano il Santo Sepolcro e un'infinità di preziosissime reliquie. Combattere i miscredenti e rioccupare la Palestina era il dovere prioritario di ogni vero cristiano. Da buon politico, il papa non aveva mancato di aggiungere, a questo richiamo religioso, una chiara allusione ai vantaggi di carattere economico che i soldati di Cristo avrebbero tratto dalle loro spedizioni in Oriente:
Sappiate che nulla manca a chi teme Iddio. Anche le ricchezze dei nostri nemici saranno vostre, perché voi potrete saccheggiare i loro tesori. La terra che voi abitate, chiusa da catene montagnose e dal mare, somministra appena di che vivere a chi la coltiva, non è rigogliosa di ricchezze ed è resa angusta dalla vostra moltitudine.
Non fu dunque soltanto entusiasmo religioso ciò che mise in moto migliaia di uomini verso la Terrasanta. Il desiderio di nuove terre e di feudi oltremare, la speranza di ricchi bottini, la necessità di dar sfogo al sovrappopolamento di molte regioni, furono fattori altrettanto importanti nella genesi di questo movimento. A essi si aggiungevano inoltre elementi di carattere politico: primo fra tutti la volontà del papato di accrescere il proprio ruolo nella società del tempo.
Milioni di uomini in Europa cominciarono, dunque, a guardare alla Palestina come alla meta suprema della loro esistenza. La
Palestina era, ed è, una regione piccola e di scarsa rilevanza economica, ma la sua importanza ideologica è sempre stata enorme. Ben tre religioni l'hanno scelta come punto di riferimento simbolico: per gli ebrei, la Palestina è la Terra promessa, il luogo dove sorgono il Muro del pianto e il Tempio; per i cristiani, è la regione dove si trova il Santo Sepolcro e dove è nato il Cristo; per i musulmani, è il paese della montagna di Abramo, da dove Maometto salì al cielo. Questa caratteristica di terra costruita mentalmente dall'uomo spiega anche il significato da epopea che le crociate assunsero nella storia dell'Occidente.
Già nel 1096, senza attendere che la spedizione fosse organizzata, una massa di contadini, avventurieri, fanatici, nobili impoveriti, partì disordinatamente per l'Oriente. Questa prima crociata - la cosiddetta crociata popolare - seminò sul suo cammino stragi e nefandezze di ogni genere: nei paesi renani fu organizzata una caccia agli "infedeli" di casa, gli ebrei, che subirono sofferenze e massacri indiscriminati. A queste atrocità seguirono distruzioni e saccheggi in tutti i paesi attraversati. Questi primi crociati non andarono però molto lontano: in parte furono sterminati in Ungheria dagli abitanti esasperati, in parte in Asia Minore dai turchi.
Sul finire dello stesso anno partì la
prima crociata "ufficiale". Guerrieri di tutta Europa - francesi, tedeschi, italiani, spagnoli, normanni - divisi in gruppi e per vie diverse mossero verso oriente. Li guidavano signori come Goffredo di Buglione, duca della bassa Lorena, Roberto duca di Normandia, Roberto conte di Fiandra, Ugo di Vermandois, fratello di Filippo I re di Francia, Boemondo di Taranto e Tancredi d'Altavilla (il figlio e il nipote di Roberto il Guiscardo). Quando il grosso della spedizione giunse a Costantinopoli, sorsero le prime difficoltà. L'imperatore bizantino Alessio I Comneno pretendeva, in cambio del suo prezioso appoggio in uomini e rifornimenti, un giuramento di fedeltà dei crociati e il riconoscimento della sua superiore autorità su tutte le operazioni; il suo scopo era soprattutto quello di garantirsi la restituzione dei territori strappati ai musulmani. Dopo lunghe trattative fu raggiunto un accordo e la spedizione riprese il suo cammino. Il momento culminante dell'avanzata cristiana fu la presa di Gerusalemme, caduta nel 1099 dopo un lungo assedio. La popolazione saracena ed ebraica della città fu quasi interamente sterminata. Il racconto di quell'evento tanto memorabile quanto sanguinoso è rimasto nelle pagine di un cronista medievale:
Tra i primi entrarono Tancredi e il duca di Lorena, che in quel giorno versò una quantità incredibile di sangue. Dietro di loro tutti gli altri salivano le mura, e i saraceni erano ormai sopraffatti. Ma udite meraviglia! per quanto la città fosse a quel punto quasi tutta nelle mani dei franchi, tuttavia, coloro che stavano dalla parte [dove si era schierato] il conte [di Tolosa] continuavano a resistere. Appena però i nostri ebbero occupato le mura e le torri della città, allora avresti potuto vedere cose orribili: alcuni, ed era per loro una fortuna, avevano la testa troncata; altri cadevano dalle mura crivellati di frecce: moltissimi altri infine bruciavano tra le fiamme. Per le strade e le piazze si vedevano mucchi di teste; mani e piedi tagliati; uomini e cavalli correvano tra i cadaveri. Ma abbiamo ancora detto poco: veniamo al Tempio di Salomone, nel quale i saraceni erano soliti celebrare le loro solennità religiose. Che cosa vi era avvenuto? Se diciamo il vero, non saremo creduti: basti dire che nel Tempio e nel Portico di Salomone si cavalcava col sangue all'altezza delle ginocchia e del morso dei cavalli. E fu per giusto giudizio divino che a ricevere il loro sangue fosse proprio quel luogo stesso che tanto a lungo aveva sopportato le loro bestemmie contro Dio [...]. Presa la città, valeva davvero la pena vedere la devozione dei pellegrini dinanzi al Sepolcro del Signore, e in che modo gioivano esultando e cantando a Dio un cantico nuovo. E il loro cuore offriva a Dio vincitore e trionfante lodi inesprimibili a parole. Il giorno straordinario, la nuova e perpetua letizia, lo sforzo fatto nella fatica e nella devozione esigevano nuove parole e nuovi canti. Quel giorno celebre nei secoli a venire cambiò, lo affermo, ogni nostro dolore e sofferenza in gioia e in esaltazione; questo giorno, lo affermo, segnò la fine dei pagani, il rafforzamento della Cristianità, il rinnovamento della fede nostra.
Le mire dell'imperatore di Bisanzio, che aveva sperato in un effettivo controllo dei territori conquistati dai crociati, andarono ben presto deluse. I successi militari dei guerrieri della croce portarono infatti alla costituzione di formazioni politiche indipendenti modellate sulle strutture feudali degli Stati dell'Europa occidentale: essi furono il Principato della piccola Armenia (in Cilicia) affidato a Boemondo di Taranto, il Principato di Edessa, affidato a Baldovino di Boulogne; il Regno di Gerusalemme, affidato a Goffredo di Buglione che assunse il titolo di "difensore (advocatus) del Santo Sepolcro"; la Contea di Tripoli, occupata qualche anno dopo dal conte Raimondo di Tolosa. Si sarà notato come il più importante degli Stati cristiani sorti sui territori musulmani, il Regno di Gerusalemme, non fosse inizialmente governato, come ci si aspetterebbe, da un re, ma da un advocatus. La giustificazione ufficiale di questa scelta fu che "non era opportuno cingere corona d'oro là dove il Cristo era stato coronato di spine"; in realtà questa titolatura non era altro che il riconoscimento della suprema autorità della Chiesa sui territori conquistati; nel linguaggio giuridico del tempo il termine advocatus indicava infatti il laico cui venivano affidati gli interessi temporali degli enti ecclesiastici.
Queste formazioni politiche latino-orientali erano di dimensioni piuttosto modeste e complessivamente alquanto fragili, ma alcune di esse resistettero, con alterne vicende, per quasi due secoli, grazie soprattutto al continuo afflusso di soldati freschi che giungevano annualmente dall'Europa. Le crociate, più che spedizioni successive - alla prima ne seguirono sette, l'ultima nel 1270 - guidate da personaggi eroici e scandite da battaglie memorabili, furono una specie di istituzione permanente: ogni anno all'inizio della bella stagione, convogli di navi riversavano sulle coste del Vicino Oriente una massa variopinta di pellegrini, uomini di Chiesa, soldati, che si mettevano al servizio dei signori locali per combattere gli infedeli.
Ma questo afflusso di uomini aveva anche i suoi risvolti negativi: i pellegrini armati che giungevano in Terrasanta, avevano infatti in mente un tipo di guerra fatta di saccheggi e di stragi d'infedeli, e il loro irrefrenabile entusiasmo mal si accordava con le esigenze politiche dei signori locali, che cercavano di garantire la sopravvivenza dei propri Stati non solo con l'uso delle armi, ma anche con la diplomazia. Essi avevano dunque bisogno di un esercito permanente e di guerrieri che unissero doti di professionalità e di disciplina tali da tenere a freno la massa irruenta e indocile che proveniva periodicamente dall'Europa. A questa vitale esigenza si venne incontro con l'istituzione di diversi
ordini monastico-militari, i più importanti dei quali furono quello dei templari (così chiamati perché vivevano in una fortezza situata dove una volta sorgeva il Tempio di Salomone), quello degli ospedalieri di San Giovanni (dal nome dell'Ospedale di Gerusalemme), chiamati poi cavalieri di Rodi e più tardi ancora cavalieri di Malta, quello dei teutonici. "La fondazione di ordini monastici che includessero la guerra fra i loro obblighi e le loro consuete attività - è stato scritto - costituisce uno dei fenomeni più sconcertanti ma anche più qualificanti nella storia della Chiesa, e ci dimostra sia come essa abbia saputo inserirsi nella società guerriera del tempo, sia come la crociata, da episodio inizialmente occasionale, fosse diventato un problema che toccava in profondità la coscienza cristiana anche al livello del pensiero e dell'atteggiamento disciplinare ecclesiastico". Con il passare del tempo gli ordini monastico-militari si diedero infatti, come qualsiasi altro ordine monastico, una vera e propria regola, approvata dalla Chiesa, con la differenza che i loro voti non erano soltanto di castità, di povertà, di ubbidienza. Per questi nuovi uomini di Chiesa anche la guerra era un voto.
Torna all'indice