17.2 Nascita delle signorie
La prima risposta ai problemi di conflittualità interna ai comuni era stata rappresentata dall'introduzione della figura del podestà (
9.5). Ma l'opera dei podestà, limitata nel tempo e sottoposta a molti vincoli, non era in grado di risolvere le tensioni che agitavano la scena politica comunale; essa serviva a far abbassare la tensione in situazioni particolarmente gravi, ma non poteva sanare la conflittualità permanente che divideva le famiglie magnatizie tra loro, né le tensioni sociali, spesso dirompenti, che l'ascesa di nuovi ceti mercantili e imprenditoriali nel '200 (
12.10) e la crisi economica del '300 aveva esasperato. L'istituzione podestarile fu ben presto superata da una tendenza nuova, che, a partire dal XIII secolo, portò all'insediamento di
signorie al vertice del governo cittadino.
Il potere eccezionale del signore - che esprime un'ulteriore evoluzione della crisi del sistema comunale - nasceva dalle circostanze più varie. Il signore poteva essere un podestà che si era guadagnato, con la sua opera, il consenso dei cittadini e ne aveva approfittato per imporre un dominio duraturo; oppure l'esponente più autorevole di una famiglia prestigiosa, dotata di vasto seguito nella cittadinanza; poteva anche trattarsi di un individuo che si era impadronito del governo con un colpo di mano. In tutti i casi, però, il signore otteneva sempre, dagli organismi del comune, una delega più o meno ampia. In altre parole, il signore veniva investito dal basso di un'autorità che egli aveva, di fatto, ottenuto diversamente. Con questa investitura ottenuta quando i giochi erano fatti, venivano salvate le forme della libertà comunale che, nella sostanza, risultava tuttavia annientata. Era questo il prezzo che molti cittadini pagavano volentieri per il raggiungimento di quella pace interna che gli ordinamenti comunali non erano stati in grado di assicurare.
Per completare, dal punto di vista formale, la legittimazione del potere signorile, a questa delega dal basso si aggiungeva solitamente un riconoscimento dall'alto, da parte dell'imperatore (nelle terre sottoposte all'imperatore) o del papa (nelle terre sottoposte al papa). Le signorie si trasformavano così in
principati. Questi riconoscimenti non significano tuttavia che i signori e i principi dovessero rispondere del loro operato alle istituzioni (i Consigli comunali, l'imperatore o il papa) che li avevano legittimati. Nella sostanza, il potere signorile era un potere quasi assoluto, che operava in totale autonomia. La stessa origine di questo potere, nato, in genere, da situazioni di grave disordine politico e sociale, obbligava tuttavia il signore a presentarsi come un mediatore tra gli interessi contrapposti della cittadinanza, a imporre una giustizia più equa, a distribuire meglio e in modo più equilibrato il carico fiscale. Il signore si presentava spesso come l'arbitro della pace e della giustizia.
Il fenomeno della nascita e della diffusione delle signorie fu talmente vasto da coinvolgere tutta l'Italia centro-settentrionale. Una delle più antiche fu quella degli Estensi (dal feudo di Este), che dall'inizio del XIII secolo imposero il loro potere su Ferrara e, successivamente, su Modena e Reggio. Un'altra grande signoria dell'Italia nord-orientale fu quella dei da Romano, vassalli imperiali e vescovili da più generazioni, che avevano terre sparse un po' dovunque tra Vicenza, Treviso e Feltre; il loro successo toccò il culmine con Ezzelino IV, fedelissimo alleato dell'imperatore Federico II (
12.8), che s'impadronì di Vicenza, Padova e Verona (che divenne il centro del suo dominio) inglobando quasi tutto il Veneto tranne i territori appartenenti a Venezia. Il crollo di Ezzelino fu rapido quanto la sua ascesa: sconfitto nel 1259 nella battaglia di Cassano d'Adda da una coalizione di nemici, Ezzelino fu catturato e messo a morte; subito dopo fu sterminata gran parte della sua famiglia.
Sorte non migliore ebbe la signoria di Oberto II Pelavicino, un ghibellino alleato del re di Sicilia Manfredi, che, dopo il 1250, s'impadronì di Parma, Piacenza, Cremona, Pavia, Alessandria e persino di Milano. Il suo dominio era imponente ma si sfaldò con grande rapidità a causa dell'offensiva guelfa scatenatasi in Italia dopo l'incoronazione di Carlo d'Angiò.
In Piemonte si affermarono i marchesi di Monferrato, una famiglia antica e celebre per le sue imprese nelle crociate; sul finire del XIII secolo il marchese Guglielmo creò un dominio che si estendeva a quasi tutto il Piemonte settentrionale, da Alessandria a Tortona, ad Aqui, a Ivrea, a Vercelli, con propaggini in Lombardia. Nel Piemonte meridionale si era imposto, invece, il marchese di Saluzzo, che ebbe una parte considerevole nelle vicende della città di Torino. I Savoia, già alla fine del '200, signoreggiavano sulla Val d'Aosta e sul Canavese e, oltre le Alpi, lungo l'alto corso del Reno.
In Romagna e nelle Marche, fra il XIII e il XIV secolo, ci fu tutto un brulicare di signorie di piccole e medie dimensioni, divise da accanite rivalità: le più importanti furono i Malatesta a Rimini, i Montefeltro a Urbino, i da Polenta a Ravenna, i da Varano a Camerino. Queste dinastie traevano la loro forza dalla debolezza del potere pontificio che, in quelle regioni, era più teorico che pratico.
Tutte queste signorie ebbero vita più o meno breve, ma sempre tormentata, e non riuscirono a creare entità territoriali stabili e di grandi dimensioni. Diversa fu la vicenda di Milano, che per alcuni decenni sembrò addirittura in grado di dar vita a un processo di unificazione di gran parte dell'Italia centro-settentrionale.
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