13.5 La teoria della sovranità popolare
In questi anni di crisi del papato proseguì intensamente, nel pensiero politico del mondo cristiano, la riflessione intorno ai fondamenti del potere. La dottrina tomistica e le sue elaborazioni in chiave antipapale - prima fra tutte quella di Giovanni da Parigi - avevano contribuito a svincolare la politica dalla religione, e a riconoscere l'autonomia, almeno relativa, delle due sfere. Era stato prezioso, in tal senso, il ricorso all'idea di "legge naturale", che faceva dello Stato - secondo l'insegnamento aristotelico - un prodotto della natura. In questa impostazione c'era tuttavia un punto debole: fin tanto che la natura e, di conseguenza, la legge naturale venivano viste come manifestazioni della divinità (dal momento che la natura era creazione divina) non si poteva negare al clero un qualche diritto a interferire nella vita dello Stato.
Questo problema teorico, particolarmente delicato e difficile, fu affrontato da
Marsilio da Padova (1275-1343), rettore dell'Università di Parigi (la stessa dov'erano stati attivi Tommaso d'Aquino e Giovanni da Parigi). Nel suo famoso trattato Defensor pacis ("Il difensore della pace"), pubblicato nel 1324 e dedicato all'imperatore Ludovico il Bavaro, Marsilio sostenne che la scienza politica non poteva prendere in considerazione il rapporto tra Dio e la natura, per il semplice fatto che questo rapporto era soltanto materia di fede e non poteva essere spiegato razionalmente; tutto quello che non era dimostrabile per mezzo della ragione, infatti, non era oggetto di trattazione politica.
Venne così a cadere l'ultimo baluardo che teneva unite la sfera spirituale e quella naturale (vale a dire la religione e lo Stato): mentre i tomisti avevano sostenuto (
13.1) che la grazia divina perfeziona lo Stato, Marsilio proclamò la totale estraneità tra i due settori. La legge, egli diceva, non derivava da Dio ma direttamente dal popolo, non derivava dall'alto ma dal basso. La comunità dei cittadini era l'unica autentica fonte di legge, autonoma e sovrana, e solo a essa spettava il compito di scegliere la forma di governo. Il governo, una volta costituito, era il depositario di una delega revocabile dalla volontà del popolo.
Gli uomini di Chiesa - aggiungeva Marsilio - erano cittadini come tutti gli altri, con gli stessi diritti e doveri. Tutto quanto riguardava il peccato non interessava l'autorità civile finché non sconfinava in un preciso reato, definito come tale dalla legge dello Stato. La stessa scomunica non aveva conseguenze nella vita civile, perché altrimenti nessuna attività di governo sarebbe stata libera dalle costrizioni delle autorità ecclesiastiche.
La conclusione di Marsilio era lapidaria e durissima: il papa era colui che turbava la pace del mondo cristiano, poiché pretendeva di usurpare i diritti dell'imperatore e degli altri sovrani. Perché la pace fosse restituita alla Cristianità, era indispensabile che il papa rinunciasse a queste pretese e che la carica di pontefice fosse attribuita dal basso e cioè dal concilio ecumenico, la più ampia assemblea dei cristiani, ecclesiastici e laici. Il concilio ecumenico avrebbe svolto insomma, nella Chiesa, una funzione non molto diversa da quella che nello Stato veniva svolta dalla comunità dei cittadini. Le tesi di Marsilio furono subito dichiarate eretiche e il loro autore fu chiamato "figlio del diavolo". Marsilio trovò scampo rifugiandosi presso l'imperatore Ludovico il Bavaro.
Il filosofo francescano inglese
Guglielmo di Occam (1290-1349 circa) portò a conseguenze ancora più estreme la critica al papato. Egli sosteneva che la Chiesa doveva urgentemente tornare a una condizione di assoluta povertà e di rigore spirituale, che il papa non solo non aveva potere in campo temporale, ma non poteva nemmeno vantare assoluta autorità in campo spirituale: il pontefice, infatti, poteva sbagliare, ed essere persino eretico; le sue funzioni dovevano essere quindi limitate all'ambito amministrativo.
Idee come queste, nel momento in cui il potere pontificio, nella sede di Avignone, attraversava uno dei momenti più critici della sua storia, diedero una nuova forte scossa all'edificio dottrinario della teocrazia papale.
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