17.9 Sommario
Con la morte di Federico II era tramontata la possibilità di dar vita in Italia ad uno Stato unitario. Parallelamente declinavano le due forze che avevano ostacolato l'imperatore: papato e comuni. La debolezza del comune risiedeva nella sua incapacità ad allargare la partecipazione del popolo: non solo la vita politica era controllata da un numero ristretto di persone, ma esistevano anche gruppi di potere (famiglie, corporazioni) in cui i vincoli interni erano prevalenti sull'appartenenza al comune, così che la lotta tra fazioni caratterizzava stabilmente la vita comunale.
L'introduzione nei governi comunali della figura del podestà, come magistrato professionista al di sopra delle parti, non poté eliminare la conflittualità permanente nei comuni. Si giunse presto - perciò - all'insediamento di signorie, che trassero origine dalle circostanze più varie ma ottennero sempre una delega dagli organismi del comune. Ciò comportava, di fatto, una distruzione delle libertà comunali, ma era questo un prezzo che i cittadini pagavano volentieri in cambio della pace interna. Per solito le signorie ottenevano anche un riconoscimento da parte dell'imperatore o del papa, trasformandosi così in principati. Comunque il potere signorile era nella sostanza autonomo e quasi assoluto. A partire dal XIII secolo le signorie si diffusero in tutta l'Italia centro-settentrionale: se si esclude il caso di Milano, nessuna riuscì però a creare entità territoriali stabili e di grandi dimensioni.
Nel XIII secolo Milano aveva raggiunto una posizione di predominio economico e militare. Con Matteo Visconti, che aveva ottenuto il governo di Milano quale vicario dell'imperatore, iniziò al principio del '300 un'espansione che, proseguita dai suoi successori, portò alla creazione di un vasto dominio. Alla fine del secolo, con Gian Galeazzo (che ebbe il titolo di duca di Milano), la potenza viscontea raggiunse il culmine, controllando importanti città del Veneto, della Toscana e dell'Umbria. L'ulteriore espansione verso sud fu bloccata dalla morte di Gian Galeazzo (1402), e sotto il suo successore il potere dei Visconti si ridusse a Milano e alla Lombardia. Questo rapido crollo esprimeva l'intrinseca debolezza delle signorie, incapaci di trasformare i propri domini in un'organica struttura statuale.
A partire dalla seconda metà del '300 la Repubblica fiorentina conquistò varie città toscane (ma anche questa espansione non si concretizzò in un assetto stabile e in una struttura centralizzata). Nel 1434 Cosimo dei Medici si impadronì del potere, grazie alla sua immensa ricchezza e all'appoggio del popolo e di alcune potenti famiglie. Non vi furono modifiche istituzionali, nonostante il suo potere fosse assai simile a una signoria.
La Repubblica di Venezia mantenne stabili gli ordinamenti oligarchici dominati dal Maggior consiglio. Nel corso del '300 Venezia proseguì l'espansione marittima verso oriente in cui era impegnata da secoli. Dopo una battuta di arresto nella seconda metà del secolo, dovuta a due guerre contro i genovesi, l'espansione riprese, ma ora verso la terraferma (sia per la nascita dell'Impero ottomano, sia per la politica aggressiva dei Visconti nella pianura padana).
Il Regno di Napoli era lo Stato più vasto della penisola, ma vi restavano saldamente radicate le strutture feudali. Il potere della corona era fortemente indebolito da quello dei baroni, e questa situazione si accentuò con la lunga crisi dinastica che ebbe inizio alla morte di Roberto d'Angiò (1343) e terminò un secolo dopo con l'insediamento di Alfonso di Aragona.
Nell'Italia lacerata da continue guerre si diffusero le compagnie di ventura, formazioni di mercenari specializzati al servizio di condottieri. A partire dal '400 i più famosi condottieri furono soprattutto italiani, spesso provenienti da casate nobili: sovente ricevevano in pagamento terre e feudi, il che favorì il processo di rifeudalizzazione della penisola.
Nel '300 e '400 l'Italia restò divisa tra cinque potenze principali (Milano, Firenze, Venezia, Stato della Chiesa, Napoli), nessuna delle quali riusciva a prevalere sulle altre (anche perché, quando ciò sembrava avvenire, le altre si coalizzavano per contrastare tale egemonia). La pace di Lodi (1454) sancì la politica dell'equilibrio come l'unica possibile.
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