13.9 La monarchia inglese
Il processo di rafforzamento della monarchia inglese, anche se iniziato più precocemente, si svolse parallelo a quello della monarchia francese. Le sue caratteristiche storiche furono però sostanzialmente diverse.
Già nell'XI secolo (e quindi molto prima dei re di Francia) la corona inglese aveva intrapreso la strada della centralizzazione: il territorio era stato diviso in contee dove operavano gli sceriffi, funzionari regi che si occupavano della giustizia, di far eseguire gli ordini del sovrano, di far rispettare la pace. Gli sceriffi erano sottoposti a controlli severi e frequenti. Le contee erano periodicamente visitate da giudici itineranti chiamati giustizieri, che si occupavano delle cause più importanti. La tendenza alla centralizzazione si accompagnò - ed è questa una caratteristica fondamentale della monarchia inglese - a un crescente coinvolgimento dei grandi feudatari laici ed ecclesiastici nell'amministrazione e nel governo del paese: le assemblee generali dei vassalli non erano, come altrove, riunioni quasi esclusivamente rituali e cerimoniali, ma svolgevano un'importante azione di sostegno al sovrano nella conduzione del regno. Centralizzazione e collaborazione con i feudatari potrebbero apparire, in astratto, tendenze opposte e contraddittorie; nel caso inglese esse rappresentarono invece un fattore di coesione e di rafforzamento.
Un passo decisivo nell'evoluzione della monarchia inglese fu compiuto al tempo di
Giovanni Senza Terra (1199-1216). La storia di questo sovrano inviso ai signori del regno per il suo fiscalismo eccessivo e per lo scarso rispetto, manifestato in più occasioni, per le prerogative signorili, fu segnata dalla battaglia di Bouvines, che consacrò il trionfo del suo rivale Filippo Augusto ed ebbe come conseguenza la perdita, per la monarchia inglese, di quasi tutti i feudi posseduti in suolo di Francia (
13.2). I baroni inglesi sfruttarono abilmente l'occasione di questa gravissima disfatta e strapparono al re, il cui prestigio era profondamente scosso, una serie di concessioni, di diritti e di privilegi che confluirono nel 1215 nella famosa
Magna Charta Libertatum ("grande carta delle libertà"). La carta stabiliva le libertà dei nobili, della Chiesa e delle città. Il sovrano era, inoltre, obbligato a ottenere l'approvazione del "grande consiglio" del Regno (che nel 1242 prese il nome di Parlamento dei Lords) prima di emanare disposizioni di carattere fiscale. Particolare rilevanza aveva il comma 39 della carta: "Nessun uomo libero potrà essere arrestato e imprigionato, espropriato o esiliato, né in alcun modo danneggiato, tranne che da un tribunale legittimo composto dai suoi pari e in base alla legge del suo paese". Per "legge del paese" non s'intendeva la legge emanata autonomamente dal re, ma quella che era stata approvata congiuntamente dal re e dai signori e che, pertanto, faceva parte integrante del contratto feudale. Accanto al diritto canonico (
9.1) e al diritto romano (
13.1) operava un terzo elemento, destinato a grandi sviluppi: la legge del paese intesa come legge nata dal consenso delle principali forze politiche (p. 308).
Nel corso del XIII secolo s'impose in Inghilterra, con sempre maggiore forza, l'idea dell'esistenza di una comunità del regno, composta dal re e dai baroni, che di comune accordo elaboravano le leggi, le facevano rispettare e - cosa che più conta - s'impegnavano a rispettarle. Il re era quindi sottoposto alla legge, ed egli non poteva abrogarla o modificarla con un atto unilaterale. Nel 1348 fu introdotta nel giuramento d'incoronazione una nuova clausola: "Giuro - doveva dichiarare solennemente il sovrano - di osservare e di mantenere le leggi e i buoni costumi che i rappresentanti del Regno avranno scelto". In queste parole era implicita una decisa negazione della teocrazia: i sudditi di un sovrano teocratico, infatti, non partecipano all'attività legislativa e quindi non hanno alcuna possibilità di costringere il re a rispettare le leggi che egli stesso ha emanato in totale autonomia e rispetto alle quali si ritiene svincolato e superiore; i cittadini di un regno in cui le istituzioni rappresentative partecipano all'elaborazione della legge hanno invece la possibilità d'imporre al re l'osservanza delle norme.
Le istituzioni rappresentative inglesi si perfezionarono e ampliarono con il passare del tempo: nel 1339 fu creata la Camera dei Comuni, che si affiancò alla Camera dei Lords (il Parlamento inglese risultò quindi composto da due camere) e comprendeva i rappresentanti del basso clero, della piccola nobiltà, della borghesia cittadina. Il Parlamento si allargò alle principali forze sociali del paese e aumentò di conseguenza anche la partecipazione dei cittadini all'elaborazione della legge.
I princìpi stabiliti dai feudatari a propria tutela e imposti a Giovanni Senza Terra dopo la battaglia di Bouvines divennero, col tempo, un sistema di riferimento valido per altre fasce, sempre più ampie, di cittadini: l'annullamento del carattere teocratico della monarchia inglese a opera dei baroni aveva aperto la strada a forme più moderne di governo che avrebbero avuto un'enorme importanza nella storia europea.
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