4.3 Il monachesimo
Il monachesimo era nato in Egitto e scaturiva da un'aspirazione ascetica che si esprimeva nel rifiuto di qualsiasi contatto con la vita sociale. Già verso il 250 un certo numero di "anacoreti" (anachoréo in greco significa "mi ritiro") si erano isolati ai bordi del Sahara nell'Alto Egitto e vi avevano condotto un'esistenza completamente separata - non comunicavano nemmeno fra loro - immersa nella meditazione e nella preghiera. Verso il 270 anche Antonio, l'erede ventenne di una ricca famiglia egiziana convertita al cristianesimo, distribuì le sue ricchezze e si ritirò nel deserto, dove visse quasi ininterrottamente fino al 356. La sua Vita, narrata da uno dei suoi discepoli, ebbe subito una fortuna straordinaria; sulla figura di Antonio sorsero leggende d'ogni tipo, relative soprattutto alle terribili tentazioni mandategli dal demonio. Accanto agli asceti solitari, che imitavano l'esempio di Sant'Antonio, fiorirono gruppi di asceti che si riunivano in un cenobio (da koinós, "comune", e bios, "vita") per pregare insieme e condurre una vita incontaminata, che li avvicinasse a Dio. Nel corso del IV secolo molti monasteri di questo tipo, sia maschili che femminili, sorsero in Palestina, in Siria, in Egitto, e infine in quasi tutto l'Impero romano.
L'Europa, devastata dalle invasioni e dalle carestie, creò tuttavia un tipo di monachesimo originale rispetto a quello dell'Oriente e ne fece ben presto uno degli elementi portanti della società dell'epoca.
Un forte impulso venne dall'Irlanda, l'isola cristianizzata alla fine del V secolo da San Patrizio e miracolosamente risparmiata dalle migrazioni dei barbari. Dall'Irlanda gruppi di monaci vaganti sciamarono quasi subito in tutta Europa, spinti da uno slancio missionario ignoto al monachesimo orientale. Essi convertirono i pagani e gli eretici spingendosi, con un'audacia che non conosceva ostacoli, nelle città occupate, nelle campagne, negli accampamenti degli invasori. Tra loro spiccava
San Colombano, fondatore dei monasteri di Bobbio, presso Piacenza, di San Chiliano a Wurzburg, di San Gallo e di Luxeuil in Svizzera.
Il vero fondatore del monachesimo occidentale, tuttavia, fu
San Benedetto da Norcia, vissuto tra il 480 circa e il 547, che conferì al movimento monastico quei caratteri peculiari che esso avrebbe mantenuto per secoli. In contrasto con le abitudini dei monaci vaganti, che praticavano e diffondevano la fede spostandosi dove ritenevano di volta in volta che ce ne fosse più bisogno, Benedetto affermò la severa norma della stabilitas, fondata sulla convinzione che il monaco doveva essere il punto di riferimento dell'intera comunità; da qui il divieto assoluto di allontanarsi dalla propria sede. Inoltre, mentre i monaci vaganti erano completamente autonomi, i benedettini furono sottoposti all'autorità dell'abate, il capo del monastero, responsabile dell'applicazione di un rigoroso codice di comportamento spirituale e materiale: la Regola.
Un altro punto essenziale di differenza era contenuto in una delle idee centrali che ispirava la Regola e che fu poi condensata nella formula ora et labora, cioè "prega e lavora"; un concetto certamente non ignoto nei monasteri precedenti ma che Benedetto valorizzò come elemento importante nella formazione spirituale dei monaci.
L'ozio è il nemico dell'anima, perciò i monaci in determinate ore devono attendere al lavoro manuale e in altre ore, anch'esse determinate, alla lettura spirituale [...]. Qualora poi le esigenze locali o la povertà richiedessero che i monaci siano personalmente occupati nella raccolta delle messi, non abbiano ad adirarsene, poiché allora sono veramente monaci se vivono del lavoro delle proprie mani come i nostri padri e gli Apostoli.
In questo passo della Regola sono condensate le ragioni del prestigio e del successo che le organizzazioni benedettine riscossero soprattutto in Italia. Prima nei dodici piccoli monasteri di Subiaco, vicino a Roma, poi nell'abbazia di Montecassino, accanto alla quale la sorella di Benedetto, Scolastica, fondò un monastero femminile, si aggregarono comunità dove regnavano l'ordine, la concretezza e l'equilibrio. La giornata, che cominciava con l'opus Dei, cioè la recita corale dell'ufficio divino, continuava con le attività agricole e artigianali di ogni genere, tra le quali la copiatura dei testi sacri. Ciò preservava i monaci dalla presunzione che può derivare dall'intellettualismo, dalle forme di fanatismo religioso che a volte animavano gli orientali e i vaganti, e permetteva l'inserimento nell'organizzazione dei contadini, che trovavano nel monastero quell'atmosfera di laboriosa umiltà che - secondo i monaci - meglio si addiceva alle loro naturali inclinazioni. Inoltre, fatto non meno importante, il monastero diventava così un'unità produttiva economicamente autosufficiente, da cui nei momenti di emergenza potevano addirittura partire aiuti e soccorsi per la popolazione bisognosa.
Nella vita di ogni giorno, il monaco doveva essere un esempio di moralità, ma anche di abilità e di intelligenza, per i laici con cui veniva in contatto. E anche quando vendeva i prodotti del suo lavoro, il monastero - raccomandava San Benedetto - doveva essere modello di serietà e di onestà:
Se in monastero vi sono artigiani, esercitino in completa umiltà le loro rispettive arti, purché l'abbate lo permetta. Se invece qualcuno di loro si insuperbisce per la competenza nella propria arte, sembrandogli di portare un qualche utile al monastero, costui venga allontanato da tale arte e non se ne occupi più, eccetto che, una volta umiliatosi, l'abbate non glielo permetta nuovamente. Se poi qualche prodotto degli artigiani deve esser venduto, stiano ben attenti coloro per le cui mani passano tali prodotti, di non tentare cioè nessuna frode [...].
Neppure nei prezzi si insinui il peccato dell'avarizia, ma si venda sempre a un prezzo un po' più basso di quello tenuto dai secolari [i commercianti laici] "affinché in tutto sia gloria di Dio".
L'egemonia del monachesimo all'interno del mondo cattolico, tuttavia, non era soltanto economica e culturale, ma anche religiosa. Fu dai monasteri che vennero i quadri più preparati della gerarchia ecclesiastica e fu la vita monastica quella che apparve la forma più pura e completa di cristianesimo, il modello cui guardavano costantemente i laici e gli altri ecclesiastici.
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