1.4 Religione e segregazione sociale
L'assestamento di forme di convivenza tra romani e invasori germani non evitava, tuttavia, attriti, incidenti, frustrazioni e atteggiamenti intolleranti: una fusione tra mondi tanto diversi aveva inevitabilmente le sue contropartite. I barbari, inferiori per numero e per livello culturale, intuivano che il loro contatto coi vinti avrebbe potuto trasformarsi in un abbraccio mortale: a parte la loro superiorità in battaglia, essi avevano poco da proporre a un popolo che usava da secoli la scrittura, conosceva le più raffinate sottigliezze dell'arte politica, aveva dato al mondo il più maturo corpus giuridico che esso avesse mai conosciuto, aveva costruito strade e acquedotti.
Così, accanto alle misure intese a stabilire contatti coi vinti e ad approfittare della loro esperienza, ve ne furono altre intese invece a tenerli in disparte, a segregarli. Un'antica legge romana che vietava il matrimonio fra romani e barbari, ad esempio, fu riesumata dai goti (ma con scarso successo) e nelle città i quartieri degli uni vennero nettamente separati da quelli degli altri. Si crearono così, entro le stesse mura, due nuclei diversi: quello romano intorno alla cattedrale cattolica, quello barbaro intorno alla cattedrale ariana.
La religione era infatti l'elemento discriminante più fortemente avvertito dai due gruppi. Sin da quando i barbari avevano cominciato a premere con maggior violenza ai confini dell'Impero, la Chiesa cattolica li aveva decisamente ignorati; non si era mai preoccupata di inviare missioni fra loro per convertirli e li aveva considerati nient'altro che dei rozzi cultori di un paganesimo primitivo, dei nemici da abbattere e da respingere per conservare le abitudini della vita civile, il culto del Signore, i beni dell'organizzazione ecclesiastica. Agli inizi del V secolo, un uomo colto e sensibile come San Girolamo vedeva così il problema dei barbari:
Oh vergogna: ecco che l'universo va in rovina e il peccato persiste in noi. Quella città gloriosa, quella capitale dell'Impero è stata consunta da un solo incendio; non vi è regione dove non si trovino profughi; chiese un tempo così religiosamente custodite sprofondano in cenere e rovina; e noi siamo pur sempre vittime della nostra avidità [...]. Non indulgerò sulle calamità del momento. Essere nell'esiguo numero dei superstiti non è merito nostro, bensì misericordia del Signore. Popoli ferocissimi e innumerevoli hanno occupato ogni angolo delle Gallie. I quadi, i vandali, i sarmati, gli alani, i gèpidi, gli eruli, i sassoni, i burgundi, gli alemanni, hanno devastato tutto quanto si trova tra le Alpi e i Pirenei, tra il Reno e l'Oceano, in un impero su cui non resta che piangere [...]. Se Roma perisce, che altro mai si salverà?
Lo spazio lasciato aperto dall'inerzia della Chiesa cattolica fu occupato dagli "eretici", ai quali l'impossibilità di operare in patria diede probabilmente l'occasione e l'intuito necessari per comprendere l'importanza delle nuove forze che entravano nella storia. Già nel IV secolo il vescovo Ulfila predicò l'arianesimo tra i goti, e tradusse la Bibbia nella loro lingua, inventando, a questo scopo, una scrittura e una lingua letterarie gotiche. Il suo successo fu immediato; non solo tutti i goti si convertirono, ma grazie al prestigio di cui essi godettero dopo il clamoroso successo riportato sull'imperatore romano Valente nella battaglia di Adrianopoli (378), l'arianesimo si trasmise a macchia d'olio a numerosissimi altri gruppi barbarici. Qualche anno dopo, San Girolamo sintetizzava così lo stupore di tutti gli ambienti cattolici: "Il mondo geme e scopre con meraviglia di essere ariano".
Ma anche l'arianesimo non fu che una fase di transizione. Superato il momento di stupore e di sgomento che l'aveva paralizzata, la Chiesa riprese l'iniziativa e trovò subito il suo ruolo nell'opera di mediazione tra vincitori e vinti. E la svolse così abilmente che già verso la fine del V secolo i franchi si convertirono in massa, seguiti dai visigoti (nel 587) e dai longobardi (verso la metà del VII secolo:
3.4). Nel VII secolo si poteva ormai affermare che in Europa l'arianesimo era praticamente scomparso.
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