16.9 L'altra Europa
Mentre in Francia, in Inghilterra e nella penisola iberica emergevano le monarchie nazionali, nel resto dell'Europa, per motivi diversi, il processo restò incompiuto. Nell'Europa settentrionale e orientale, in Germania, in Italia (capitolo 17) non riuscirono a formarsi Stati con una base territoriale tanto ampia da assumere connotati "nazionali", e anche laddove l'obiettivo sembrò quasi raggiunto le monarchie non furono in grado di dar vita a un potere centralizzato e unificante.
La crescita del
Regno di Polonia si attuò in contrapposizione allo "Stato" dei Cavalieri Teutonici (un ordine cavalleresco fondato all'epoca delle crociate), che occupava un vasto territorio lungo le sponde del Mar Baltico e che rappresentava una forza militarmente temibile. Contro questa compagine, che precludeva alla Polonia lo sbocco sul mare, nulla avevano potuto gli sforzi dei due re - Ladislao I (1320-33) e Casimiro III il Grande (1333-70) - cui va il merito di aver rafforzato la corona contro il potere dei feudatari. La svolta si verificò nel 1386 quando, dopo un periodo di dodici anni (1370-82) in cui la Polonia si era trovata unita al Regno di Ungheria, sul trono polacco salì il granduca di Lituania,
Ladislao II (1386-1434), fondatore della dinastia degli
Jagelloni, destinata a regnare sul paese per altri due secoli. Ora il Regno ebbe le forze sufficienti per affrontare i soldati dell'Ordine Teutonico, che furono sconfitti nella battaglia di Tannenberg (1410). L'Ordine iniziò allora un inarrestabile declino: nel 1466 il re di Polonia, Casimiro IV (1447-92) lo sconfisse nuovamente e riuscì a strappargli, con la pace di Torun, la Prussia occidentale e la Pomerania con l'importante porto di Danzica, che consentiva finalmente alla Polonia l'accesso al Baltico. La Prussia orientale restò all'Ordine, ma solo come feudo della monarchia polacca.
Malgrado questo rafforzamento territoriale, la corona non riuscì mai a imporre sul paese un'autorità paragonabile a quella dei sovrani di Francia, d'Inghilterra o di Spagna, né a coagulare intorno a sé uno stabile sentimento nazionale. In Polonia il potere della grande e della piccola nobiltà fu sempre, per la monarchia, un ostacolo insormontabile. La debolezza dell'economia urbana e la mancanza di una forte borghesia fecero sì che il potere dell'aristocrazia fondiaria prosperasse incontrastato. Inoltre, mentre nell'Europa occidentale era da tempo in atto il processo che portava alla liberazione dei servi e alla loro trasformazione in contadini liberi, i signori polacchi tenevano i lavoratori in una condizione di duro asservimento.
Anche nel
Regno di Ungheria il potere dei nobili fu troppo forte perché la monarchia riuscisse a costruire nel paese uno Stato accentrato, sul modello occidentale. Dopo i terribili momenti dell'invasione mongola (
11.7), il Regno si era gradualmente ripreso, e nel 1308 vi si era insediato Carlo Roberto (1309-42) della dinastia d'Angiò. Sotto di lui, e ancor più sotto il suo successore Luigi il Grande (1342-82), che nel 1370 fu anche re di Polonia, la capitale Buda si aprì alle influenze culturali francesi e italiane e il paese si integrò in una rete di rapporti politici di dimensioni europee. Ma fu un breve momento. L'Ungheria si trovava in una posizione geografica di frontiera e, come un tempo era stata la più esposta alle invasioni mongole, così nel XV secolo si trovò in prima fila a fronteggiare la penetrazione turca, con uno sforzo che assorbì tutte le energie del regno.
Il declino dell'
Impero, manifestatosi chiaramente subito dopo la morte di Federico II, proseguì lungo tutto il '300 e il '400. Singole figure di rilievo come
Sigismondo di Lussemburgo (1410-37), l'imperatore che promosse il Concilio di Costanza (con cui fu sanato il Grande scisma della Chiesa) e che represse la ribellione degli hussiti di Boemia, non furono in grado di ricondurre l'Impero al prestigio e al ruolo di un tempo. Frammentata in una moltitudine di principati, la Germania presentava una situazione politica molto diversa da quella dei grandi regni accentrati dell'Europa occidentale e analoga semmai a quella dell'Italia centrosettentrionale, divisa anch'essa in una moltitudine di compagini di piccole e medie dimensioni (capitolo 17).
Alla morte di Sigismondo (nel 1437) si estinse la casata dei Lussemburgo e fu eletto al trono imperiale Alberto II d'Austria (1437-39) con il quale la corona imperiale ritornò agli Asburgo. Per motivi dinastici Alberto si trovò a cingere anche la corona di Boemia e quella di Ungheria. Sotto il suo successore Federico III (1440-93), venne meno tuttavia l'unione della Boemia e dell'Ungheria alla Germania. Forti reazioni al dominio straniero e spinte autonomistiche portarono alla scissione, che si consumò nel 1458. In Boemia salì al trono Giorgio di Podiebrad (1458-71), in Ungheria Mattia Corvino (1458-90).
Un nuovo Stato si affermò nel XIV secolo ancora più a oriente, nelle sconfinate distese della Russia, dominata ancora dalla tribù mongola dei Tartari. All'ombra di questo dominio prosperò il
Principato di Mosca, sotto la guida di Ivan I (1328-40). In un primo momento tributario dei Tartari, il principato non tardò a ribellarsi, fin quando
Ivan III il Grande (1462-1505) non liberò completamente il paese dal controllo straniero.
Un esperimento fallito di dar vita a un grande impero nordico fu tentato nel 1397 dai regni di Svezia, Norvegia e Danimarca, che si strinsero nell'Unione di Kalmar. Le manovre della Lega anseatica (
10.5), che in quelle regioni operava come una grande potenza non solo economica, ma anche politica e l'irrequietezza della Svezia, che non tollerava la supremazia della Danimarca nell'Unione, portarono ben presto allo scioglimento della federazione.
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