16. Le monarchie nazionali
16.1 La guerra dei Cent'anni: prima fase
Durante tutto il '200 il declino delle potenze che aspiravano all'egemonia universale (l'Impero e il papato), si era manifestato parallelamente al rafforzamento delle monarchie, che in Inghilterra e in Francia avevano gettato le basi di un potere più solido e accentrato (capitolo 13). Nel corso del '300 e dei primi decenni del '400 - il periodo della grande peste e della crisi - questa tendenza si accentuò ulteriormente. L'elemento di fondo che la accelerò, portandola a maturazione, fu la guerra tra Francia e Inghilterra: una guerra lunga ed estenuante, interrotta da brevi pause e da fragili accordi, che durò per più di un secolo, dal 1337 al 1453. Gli storici la chiamano
guerra dei Cent'anni, con un'espressione imprecisa ma che serve, comunque, a qualificare il carattere eccezionale del conflitto, la sua funzione di cesura nella storia del continente.
I motivi di attrito tra la monarchia francese e quella inglese erano numerosi e tutti gravi. C'era anzitutto la vecchia questione dei feudi che il re d'Inghilterra deteneva ancora oltre la Manica (particolarmente nella Guienna e nel Ponthieu): pur essendo feudatario del re di Francia
Filippo VI di Valois (1328-50), il sovrano inglese
Edoardo III (1327-77) era riluttante a prestargli l'omaggio feudale (
13.2). Il monarca francese, a sua volta, vedeva con ostilità questa presenza straniera e non perdeva occasione per interferire nelle vicende che contrapponevano da sempre il Regno d'Inghilterra al Regno di Scozia, sostenendo quest'ultimo. Altro grave elemento di discordia era il controllo della Fiandra, una regione legata economicamente all'Inghilterra (le lane inglesi venivano inviate in ingenti quantità ad alimentare i telai di Gand, Bruges ed Ypres), ma dal punto di vista politico dipendente, in gran parte, dal re di Francia, che intendeva rafforzarvi la propria presenza.
La tensione superò il livello di guardia e portò rapidamente alla guerra. Ad aprire le ostilità fu il re d'Inghilterra, con una mossa audace e insidiosa: nel 1337 egli si proclamò re di Francia dichiarandosi unico legittimo erede al trono, per parte di madre, dell'ultimo sovrano della dinastia capetingia, Carlo IV (morto nel 1328 senza eredi maschi diretti), e accusò Filippo VI di essere un usurpatore. Queste pretese non erano del tutto infondate, dal momento che egli era nipote del defunto re, mentre Filippo ne era solo il cugino. Ma i giuristi francesi risposero che al trono francese, "per consuetudine", non si accedeva mai per discendenza femminile: a un argomento di diritto essi contrapponevano, dunque, un argomento di fatto. Naturalmente il problema vero era un altro: in Francia non si voleva un re straniero.
Alla sua auto-proclamazione come re di Francia Edoardo fece seguire l'intervento militare e nel 1339 oltrepassò la Manica. Per gli inglesi i primi venti anni di guerra furono un susseguirsi di successi: vinsero a Crécy (1346), occuparono l'importante piazzaforte di Calais (1347) e dopo aver devastato in lungo e in largo il paese riuscirono addirittura, nella battaglia di Poitiers del 1356, a catturare il sovrano francese Giovanni II (succeduto nel 1350 a Filippo VI). Furono anni durissimi per la Francia, perché al disastro militare si aggiunsero gli sconvolgimenti della jacquerie, che insanguinava le campagne, e del movimento di Étienne Marcel, che cercò di accrescere il peso politico della borghesia di Parigi (
15.5).
La pace di Brétigny, firmata nel 1360, assegnò all'Inghilterra vastissime regioni della Francia sud-occidentale (la Saintonge, la Guascogna, la Guienna, il Poitou, il Limosino) oltre alla città di Calais e stabilì un enorme riscatto per la libertà del re prigioniero. Il re d'Inghilterra dichiarò di rinunciare al trono di Francia e s'impegnò a disinteressarsi delle Fiandre, ottenendo dal re di Francia un'analoga dichiarazione per la Scozia.
Le vittorie degli inglesi furono clamorose per la loro dimensione e facilità: i loro eserciti, infatti, molto meno numerosi di quelli francesi (la Francia aveva un territorio tre volte più vasto e una popolazione quattro volte più numerosa dell'Inghilterra), erano usciti da quegli scontri con un numero di vittime irrisorio rispetto ai vuoti provocati nelle file nemiche. Il segreto dei successi inglesi consisteva nell'uso massiccio della fanteria di
arcieri dotati di un lungo arco di tipo gallese. Alla cavalleria francese lanciata alla carica secondo la tradizionale usanza della guerra medievale, gli arcieri opponevano una fittissima pioggia di frecce che scompaginava lo schieramento nemico seminando il terrore. Quei pochi cavalieri che riuscivano a filtrare attraverso i dardi si trovavano, poi, a dover affrontare le spade dei cavalieri inglesi, che attendevano appiedati.
La velocità di tiro degli arcieri inglesi era impressionante (circa sei volte superiore a quella dei pur famosi balestrieri di Genova, assoldati dai francesi) e garantiva una continuità di tiro praticamente ininterrotta. Risultati come questi si ottenevano con un addestramento accuratissimo, che veniva effettuato periodicamente nelle piazze di ogni villaggio. Lo stesso re Edoardo III, per incoraggiare le gare di tiro con l'arco, arrivò al punto di vietare tutte quelle attività "sportive" delle quali gli inglesi erano appassionati: "la palla a mano, il gioco del calcio, la palla ovale, le gare di corsa, la lotta dei galli e altri giochi inutili come questi". Nelle parole di un contemporaneo è rimasto il ricordo del tirocinio rigoroso e assiduo cui era sottoposto un ragazzo inglese di medio livello sociale: "Mio padre mi insegnò a tendere l'arco, a inserirvi il mio corpo e a tirare non con la forza delle braccia, come fanno in diversi altri paesi, ma con la forza di tutto quanto il corpo. Gli archi mi furono acquistati in proporzione all'età e alle forze; via via che queste aumentavano, anche gli archi mi venivano dati sempre più grandi. E infatti non si potrà mai imparare a tirare bene l'arco se non si è stati allenati in quest'arte fin da bambini".
La prima fase della guerra dei Cent'anni mise pertanto decisamente in luce un fatto nuovo: la cavalleria, arma dei nobili, che contava unicamente sull'impeto eroico e sulla forza d'urto e che non teneva in gran conto esigenze più complesse di ordine tattico, poteva essere annientata da uno schieramento di fanti, armati di arco, addestrati, ben disposti sul terreno. Ancora alla fine del XIII secolo - malgrado episodi illuminanti come la battaglia di Legnano del 1176 dove la fanteria dei comuni italiani aveva sconfitto la cavalleria dell'imperatore Federico Barbarossa - gli specialisti di cose militari sostenevano che cento cavalieri valevano quanto mille fanti: ora questa regola non appariva più tanto sicura.
Ai due modi di combattere corrispondevano, naturalmente, due tipi diversi di reclutamento. I cavalieri francesi erano guerrieri di tipo feudale, impetuosi ma indisciplinati. Gli arcieri inglesi erano, invece, contadini, selezionati e assoldati da speciali commissioni di leva in ogni singola contea.
La riscossa della Francia avvenne sotto la guida di
Carlo V (1364-80), succeduto al padre Giovanni II, morto in prigionia a Londra, dove era dovuto ritornare per l'impossibilità di pagare il proprio riscatto. Il nuovo re riorganizzò il sistema fiscale che, da allora, fu in grado di finanziare più regolarmente le spese belliche e affidò le sorti della guerra a un nobile e geniale condottiero, Bertrand du Guesclin, che si mostrò subito all'altezza della situazione. Consapevole della netta inferiorità dei francesi in campo aperto, du Guesclin si limitò a una strategia di logoramento, colpendo le truppe nemiche con rapidi assalti e imboscate e tagliando loro i rifornimenti con la tattica della terra bruciata. Questa scelta fu duramente pagata dai contadini francesi che videro devastate le loro campagne proprio da quei soldati che avrebbero dovuto difenderle, ma provocò il crollo dell'esercito di occupazione: nel 1380, dei loro vasti possedimenti gli inglesi conservavano soltanto Calais, Cherbourg, Bordeaux e Brest.
La guerra richiedeva ai contendenti sempre nuovi sforzi economici, che provocavano l'incremento massiccio della pressione fiscale. Fu questa, come si ricorderà (
15.5), la causa scatenante della grande rivolta che sconvolse l'Inghilterra nel 1381 e che fu domata non senza fatica. In quei momenti sembrò che l'Inghilterra dovesse rinunciare definitivamente alla guerra sul suolo francese. Ma non fu così, perché la Francia entrò in una nuova crisi politica e militare, mentre l'Inghilterra riprese l'iniziativa. Si aprì, di conseguenza, una nuova fase della guerra, ancora più aspra della precedente.
Torna all'indice