15.3 I problemi dell'economia signorile
La crisi del '300 ebbe effetti molto gravi anche sulle sorti della grande impresa agricola. Il crollo del prezzo dei cereali si sommava all'aumento di quelli della manodopera e degli attrezzi agricoli, il ristagno dei traffici faceva diminuire gli introiti derivanti dai pedaggi, mentre i mulini, dal cui affitto i signori traevano un discreto cespite, restavano inoperosi o cadevano in rovina. Le guerre, infine, oltre a provocare danni alle attrezzature agrarie, obbligavano i signori a restare per lunghi anni lontani dalle loro aziende. Esigenze di prestigio e di potere li costringevano, infatti, a partecipare alla vita militare in posizioni di responsabilità e ad affidare, pertanto, le terre ad amministratori spesso disonesti e inefficienti, quasi sempre avidi.
Aumento dei costi e calo dei profitti provocarono la caduta dei redditi signorili. Tra il 1351 e il 1425 le rendite signorili a Pistoia diminuirono del 40% rispetto al periodo 1275-1350; tra il 1342 e il 1374 le entrate dell'abbazia francese di Saint-Denis diminuirono di oltre il 50%. I signori di una regione della Sassonia, che nel 1394 ricevevano dai loro contadini 30 misure di segala, 54 di avena e 33 monete, nel 1421 ricevevano appena 5 misure di segala, 9 di avena e 5 monete. Crollò, di conseguenza, anche il valore della terra, con un'inversione di tendenza rispetto agli incrementi dei secoli precedenti.
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi, con riferimento a quasi tutte le regioni europee. Furono però estranee a questo cedimento del potere economico signorile quelle zone, come l'Italia settentrionale, dove la crisi non fece sentire le sue gravi conseguenze (
15.2): qui il mantenimento dei livelli demografici e della tendenza economica espansiva non provocò alterazioni di rilievo negli equilibri della signoria rurale. Anche al di fuori dell'Italia, tuttavia, le grandi signorie dei principi e delle famiglie più nobili resistettero meglio delle altre grazie a una maggiore forza politica (e quindi alla più forte capacità di costrizione sui contadini), a una maggiore cura nella conduzione dei dominii, a una più alta razionalità della gestione.
La nobiltà reagì in vario modo alla crisi delle rendite signorili. Cercò anzitutto d'intensificare lo sfruttamento dei contadini aumentando i canoni d'affitto, introducendo nuove imposte, pretendendo nuove corvées. In vaste zone orientali della Germania e nei paesi dell'Est, dove il potere centrale (dell'imperatore o dei re) era molto debole e lasciava ampio spazio al rafforzamento dei poteri locali, questa reazione fu coronata da un facile successo e portò al consolidamento e all'espansione dei dominii signorili, alla diffusione della servitù della gleba, all'inasprimento dei censi e delle corvées. Altrove, però, questa pressione - come vedremo nel paragrafo 15.5 - si scontrò con l'accanita resistenza dei lavoratori: il '300 è il secolo delle grandi rivolte contadine.
Un altro espediente per mezzo del quale i signori cercarono di fronteggiare la crisi fu il passaggio dalla conduzione diretta alla conduzione indiretta. Le imprese agricole di vaste dimensioni furono divise in vari lotti e date in affitto a contadini che li coltivavano in proprio. I signori erano stati però ammaestrati dall'esperienza: per evitare che di lì a poco le rendite fossero decurtate, come già in passato, dall'incremento dei prezzi e dallo svilimento delle monete, essi pretesero che i canoni d'affitto fossero pagati, almeno parzialmente, in natura, e che la somma di denaro fosse adeguata al potere d'acquisto della moneta.
L'abbandono della conduzione diretta, reso in molti casi inevitabile dall'aumento vertiginoso dei costi e dal crollo dei profitti, e soprattutto dalla mancanza di manodopera, assunse anche altre forme: per esempio la mezzadria, un contratto in base al quale i proprietari, detentori di capitali, anticipavano ai contadini i mezzi di sussistenza, la semente per i primi raccolti, l'attrezzatura da lavoro, ottenendo in cambio quote della produzione agricola. La mezzadria si diffuse prevalentemente nelle regioni meridionali del continente, dove i contadini vivevano in condizioni di maggiore povertà ed erano quindi più dipendenti dal sostegno padronale.
I contadini che si assumevano tramite affitto la gestione delle terre signorili provenivano in larga parte da gruppi che possiamo considerare relativamente agiati rispetto alle masse rurali: gente che possedeva spesso animali da tiro, aratri, un minimo di capitali (
10.2). Non mancavano però, soprattutto nelle zone meno fertili e popolate e nei terreni marginali, individui più poveri, che si costruivano, quasi partendo da zero, una base economica autonoma.
I nobili portarono anche un attacco massiccio alle ricchezze della Chiesa (le uniche che aumentavano costantemente in seguito a lasciti e donazioni e che non venivano frammentate dalla spartizione per via ereditaria). Si trattò di un attacco duplice: da una parte i nobili si accaparravano le funzioni ecclesiastiche più prestigiose e quindi più lucrative, dall'altra usavano la forza e s'impadronivano di beni ecclesiastici utilizzando a proprio favore le critiche che alcuni ambienti religiosi rivolgevano alle dimensioni e all'uso delle ricchezze della Chiesa. Non era raro, infine, il caso di nobili che si davano al brigantaggio e alle rapine: la figura del bandito nobile, che ricorre nella letteratura e nei documenti dell'epoca, è un tipo sociale prima che un soggetto dei racconti d'avventura.
È evidente che nessuno di questi sistemi poteva risolvere alla radice il grave problema della crisi delle rendite signorili. Una risposta veramente efficace poteva darsi soltanto sul piano strettamente economico, a cominciare da una riconversione delle aziende incrementandone l'attività in rapporto alle mutate esigenze del mercato. Fu così che alcuni grandi proprietari decisero di organizzare la produzione secondo criteri più razionali e di produrre soltanto quei generi che avrebbero trovato una facile collocazione sui mercati: primi fra tutti i prodotti dell'allevamento (latte, burro, carne, lana) i cui valori erano in continua ascesa e che richiedevano una manodopera poco numerosa. Il fenomeno fu particolarmente significativo in Inghilterra, dove si diffusero le enclosures, le "recinzioni" con cui i proprietari delimitarono gli openfields, i "campi aperti", adibendoli all'allevamento dei propri capi di bestiame e allontanando da essi i contadini che da tempo immemorabile vi esercitavano i diritti di pascolo.
Duramente colpiti, i contadini protestarono inutilmente contro l'avidità dei signori che, come diceva una petizione inglese, "non lasciano nessuna terra per la coltura, recingono tutto per farne pascolo, abbattono le case, sradicano le città e non lasciano nulla in piedi, se non la chiesa, ma per farne un ovile".
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