14.3 La medicina dell'epoca
La medicina del tempo non aveva gli strumenti per spiegare e quindi debellare la malattia. Le teorie più accreditate in campo epidemiologico erano contenute nei trattati di Ippocrate e Galeno, che nell'antichità avevano interpretato le pestilenze come malattie dell'aria che si trasmettevano all'uomo. Per difendere il corpo si raccomandava una dieta che eliminasse l'eccesso di umori e di umidità: il rimedio universale era il salasso, mediante il quale veniva eliminata una parte più o meno consistente di sangue umano.
A questa teoria si aggiunsero, nel corso dei secoli, altri elementi attinti alla medicina araba e all'autorità di studiosi quali Avicenna, Averroè, Rhazes. Tipico della medicina araba era l'interesse per l'astrologia e cioè la tendenza a spiegare le malattie umane facendo ricorso alle influenze degli astri: un metodo interpretativo che aveva il grande vantaggio di proporre una spiegazione non confutabile di fenomeni ancora avvolti nel mistero.
La teoria miasmatica, di origine antica, e quella astrologica, di origine araba, si ritrovano puntualmente nelle interpretazioni che i medici del XV e XVI secolo avanzarono sulla peste. Gentile da Foligno, che insegnò per alcuni anni all'Università di Padova, spiegò la peste del 1348 con l'influenza nefasta delle acque stagnanti e degli accumuli di sporcizia sul terreno; Guido di Chauliac, il celeberrimo medico dei papi, la spiegò, invece, con la congiunzione astrale di Giove, Marte e Saturno nel segno dell'Acquario. Corruzione dell'aria e influenza degli astri ritornano puntualmente in tutti i numerosi trattati che furono scritti nei secoli successivi. Ancora nel 1628 un medico francese poteva affermare, con un sillogismo sconcertante: "Poiché la peste è la malattia più diffusa, anche la sua causa dev'essere la più diffusa; l'elemento più diffuso è l'aria, dunque, l'aria è la causa principale della peste". In un noto trattato di medicina dell'epoca si leggeva che la "malattia si manifesta con tutta la sua forza e uccide all'istante quando il soffio (spiritus) esce dagli occhi dei malati e si trasmette agli occhi dei presenti", e ancora: "accade che il cervello elimini il soffio mortale attraverso gli occhi; e questo soffio, infettato, provochi un contagio immediato, essendo più sottile dell'aria".
La prevenzione della peste consisteva, di conseguenza, in una purificazione del corpo e dell'aria circostante. Tappati in casa, sottoposti a salassi e purghe, avvolti dall'incenso e da nubi aromatiche, i nostri antenati del tardo Medioevo dovevano seguire una dieta ferrea e mantenersi in un riposo quasi assoluto; l'esercizio fisico era, infatti, sconsigliato perché dilatava i pori e faceva respirare una maggiore quantità d'aria, aggravando i rischi del contagio.
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