13.7 L'episodio di Cola di Rienzo
Mentre Avignone diventava un centro bancario e commerciale di prima grandezza, Roma decadeva al rango di un grosso paese. La partenza dei papi ebbe, infatti, conseguenze gravissime sulla città, perché fece scomparire da un giorno all'altro tutta l'economia gravitante intorno alla Curia, al seguito del pontefice, ai visitatori della sede pontificia. Sottratti al controllo papale, i nobili si combattevano con ogni mezzo; Colonna, Caetani, Orsini e altre famiglie potenti, con il loro stuolo di seguaci, clienti, uomini d'arme facevano della città un'arena in cui lottare per la supremazia. L'abbandono di Roma destò scandalo e apprensione nei settori più sensibili del mondo culturale e religioso italiano: in una lettera del 1366 indirizzata a Urbano V Petrarca invitò il pontefice a stabilirsi nella città "che è tutta sangue ed ossa di martiri... in compagnia di Pietro, di Paulo". A questi inviti aderì appassionatamente anche Caterina da Siena, una suora domenicana che dedicò la sua vita alla riforma e all'unità della Chiesa.
In questa Roma immiserita e priva di un governo stabile il popolo trovò la forza per ribellarsi. L'esponente di primo piano della sommossa fu
Cola di Rienzo, che il 20 maggio 1347 s'impadronì del governo della città con il titolo di "tribuno della libertà, della pace e della giustizia, liberatore della Sacra repubblica romana". In pochi mesi Cola ristabilì la situazione: ripristinò l'ordine pubblico, calmierò i prezzi, alleggerì le imposte, rese più equa la giustizia. Da Avignone il papa guardava con simpatia questo strano personaggio, entusiasta e coraggioso, la cui azione serviva se non altro a contrastare la violenza dei nobili e a mantenere un minimo di ordine pubblico in città.
Cola era un personaggio di umili origini: suo padre era un oste e sua madre una lavandaia. Egli era tuttavia riuscito a migliorare la sua condizione lavorando da apprendista presso uno studio notarile; la sua vivace intelligenza e l'amore per la cultura lo portarono ad approfondire l'interesse per la storia di Roma, per la cultura classica, per i monumenti della città. Questa passione per le antiche glorie di Roma s'intrecciò strettamente con un suo grandioso e utopistico progetto politico: Roma doveva tornare a essere la guida dell'Italia e raccogliere intorno a sé tutti gli italiani che aspiravano alla libertà.
L'idea di una libera Repubblica romana estesa a tutta la penisola allarmò il pontefice, che mutò radicalmente il suo atteggiamento e cominciò a manifestare la sua ostilità nei confronti di Cola. Intanto Cola cominciò ad evidenziare sempre più apertamente un carattere eccentrico e violento: si circondò di un lusso sfrenato, organizzò cerimonie fastose in proprio onore, si rivelò crudele e dispotico. Abbandonato dai suoi stessi seguaci, fu costretto a fuggire dalla città. Ne restò lontano due anni. Quando riuscì a riprendere il potere, il suo prestigio non era più quello di una volta. L'ostilità dei nobili, che non perdevano occasione per screditarlo presso la cittadinanza, e alcuni errori politici (il più grave fu l'imposizione di una tassa sul sale che colpiva duramente il popolo), ne determinarono la definitiva rovina ed egli fu massacrato nel corso di una sommossa popolare l'8 ottobre 1354. Il compito di ristabilire la normalità e di ricondurre la città sotto il controllo del papato avignonese fu affidato dal pontefice Innocenzo VI al più abile dei suoi cardinali, lo spagnolo Egidio di Albornoz. Nella sua qualità di legato papale, l'Albornoz riuscì a ridimensionare il potere dei signori locali, riordinò gli uffici ecclesiastici, ricostituì il potere papale nei territori circostanti. Cosa ancora più importante, egli emanò nel 1357 le cosiddette costituzioni egidiane, con le quali venivano formulati alcuni princìpi fondamentali del governo papale e del suo rapporto con i poteri locali (signori, comuni, ecc.); le costituzioni prevedevano anche norme sulla convocazione di "parlamenti", composti da rappresentanti locali, con potere consultivo in campo fiscale o militare. In queste costituzioni e nell'ordinamento dato da Egidio di Albornoz alla Chiesa romana si riconosce un ulteriore importante contributo alla formazione dello Stato pontificio.
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