11.7 L'espansione mongola
Le crociate, che per la Cristianità occidentale rappresentarono una vera e propria epopea, furono un episodio marginale se paragonato ai grandi eventi della storia mondiale che, all'incirca negli stessi anni, sconvolsero equilibri millenari, fecero crollare vecchie barriere, aprirono nuovi orizzonti. Tra questi eventi ebbe un ruolo di primo piano la sorprendente espansione mongola.
I mongoli erano una popolazione nomade proveniente dalla regione attorno al lago Baikal, nelle più lontane steppe asiatiche. La grande avventura di questo popolo cominciò con Temudjin, che verso la fine del XII secolo riuscì a dotare la sua tribù di un'efficiente organizzazione militare e a riunire intorno a essa, in una confederazione, le altre tribù mongole. Temudjin, che governava questa confederazione con il titolo di
Gengis Khan, creò un sistema di gestione dei territori del tutto nuovo per un impero che si estendeva unicamente su steppe prive di città: assemblea periodica dei capitribù, rigida gerarchia dei gradi militari con preciso regolamento degli incarichi e delle promozioni, designazione dei governatori incaricati di riscuotere i tributi nelle zone occupate. Una fitta rete di corrieri percorreva l'impero informando puntualmente il governo centrale.
Nel 1215 i soldati di Gengis Khan invasero la Cina ed entrarono a Pechino; si diressero poi verso l'Asia centrale e occuparono le città carovaniere di Samarcanda e Bukhara, nodi importantissimi del traffico asiatico. Dopo la morte di Gengis, nel 1227, l'avanzata proseguì sotto la guida dei suoi figli e nipoti. Tra il 1233 e il 1241 furono invasi l'Iran e l'Armenia mentre un'altra ondata mongola varcava il Caucaso e abbatteva i Principati russi di Vladimir, Kiev e Mosca e piombava poi sulla Polonia: qui si svolse nel 1241 la famosa battaglia di Liegnitz (Lignica), dove un esercito di cavalieri polacchi e tedeschi fu completamente sbaragliato. I mongoli conquistarono successivamente l'Ungheria e misero a ferro e fuoco le campagne di Vienna. Un'altra colonna mongola si abbatté nel 1256 sull'Iraq e la Siria; due anni dopo cadeva Baghdad e il califfo abbaside fu giustiziato alla maniera mongola, cioè chiuso in un sacco e gettato sotto le zampe dei cavalli. Unico in grado di resistere fu il sultano di Egitto, che riuscì a sconfiggere un'avanguardia mongola nella battaglia di Ain-Gialut del 1260. Anche se questa battuta d'arresto bloccò l'avanzata dei mongoli verso occidente, il loro impero manteneva dimensioni sbalorditive, che nessun'altra compagine nella storia mondiale riuscì a uguagliare: si estendeva infatti dall'Ungheria alla Corea, dalle steppe del Nord al Golfo Persico.
La straordinaria espansione mongola ha molte spiegazioni. In primo luogo un esercito addestrato e organizzato in modo eccezionale. Come tutte le altre popolazioni nomadi, anche i mongoli erano ottimi cavalieri e questo significava rapidità negli spostamenti, impeto nella battaglia, sorpresa sul nemico. A queste caratteristiche si aggiungeva però - e il fatto era decisivo - un'organizzazione logistica molto evoluta e un'esperienza strategica e tattica (soprattutto nell'assalto alle fortezze e alle città) estremamente efficace. In guerra, la violenza dei mongoli diventò proverbiale: essi non si limitavano a uccidere e deportare i nemici, ma praticavano sistematicamente la politica della terra bruciata; per le popolazioni che resistevano, la rovina economica era assicurata: i campi venivano devastati, le case rase al suolo, i canali riempiti di terra, i pozzi distrutti. I mongoli applicavano, infine, e con grande abilità, l'arma psicologica: essi attaccavano i nemici preceduti da una fama terribile, che diffondeva il panico e provocava spesso sottomissioni rapidissime e totali. Spietati con chi resisteva, i mongoli trascinavano infatti al loro fianco, come alleato, chi si arrendeva.
Torna all'indice