11.4 Aggressività cristiana, debolezza islamica
I musulmani non rimasero a lungo indisturbati nei loro possedimenti europei di Sicilia e di Spagna.
I normanni, guidati da Ruggero d'Altavilla, conquistarono la Sicilia tra il 1060 e il 1090 (
8.6). Parallelamente le città marinare italiane (Amalfi, Pisa, Genova) erano passate da una politica difensiva nei confronti dell'Islam a una politica offensiva, aprendo nuove vie di traffico alle proprie navi, effettuando incursioni, strappando ai rivali empori e piazze commerciali. Il Mediterraneo era ridiventato un mare anche italiano.
Non diversamente si era evoluta la situazione nella penisola iberica, che i musulmani avevano parzialmente occupato (si erano insediati lungo le coste mediterranee, in Andalusia, nelle valli del Tago e dell'Ebro, nel Portogallo centromeridionale): qui i re di Castiglia, Aragona e Navarra, con l'appoggio dei cavalieri francesi e facendo largo uso di truppe mercenarie, diedero inizio alla
Reconquista dei territori occupati dai musulmani. Fu un'operazione lenta ma inesorabile. Toledo fu espugnata nel 1085, Saragozza nel 1118, Cordova nel 1236, Valenza nel 1238, Siviglia nel 1248, Granada molto tempo dopo, nel 1492.
Dopo un primo momento di cautela, i nuovi padroni cristiani procedettero a conversioni forzate in tutta la penisola, e ai musulmani di Spagna non restò altra scelta che convertirsi o partire. Ma si trattò quasi sempre di conversioni di facciata, e i moriscos (così venivano chiamati i musulmani convertiti al cattolicesimo) restarono profondamente attaccati al loro Corano. I provvedimenti, sempre più severi, adottati dalle autorità cristiane (proibizione d'indossare abiti moriscos, di parlare arabo, di frequentare i bagni pubblici, di tenere sbarrate le porte di casa), stimolati dal timore di rivolte, dall'odio religioso contro individui ritenuti non assimilabili, ma anche dall'invidia sociale (molti moriscos avevano fatto fortuna negli affari ed erano artigiani abili e intraprendenti), sarebbero culminati infine, nel 1609, nel provvedimento radicale: l'espulsione in massa. Naturalmente non tutti i moriscos furono colpiti dal provvedimento: secoli di matrimoni misti rendevano spesso impossibile l'identificazione degli individui di origine araba, ed è anche molto probabile che nelle campagne, soprattutto quelle lontane dai centri abitati, i rastrellamenti siano stati meno efficaci che nelle città. La Spagna restò quindi sempre, in parte, una terra musulmana: nel patrimonio tecnologico lasciato dagli arabi, nell'arte, nella lingua, nell'alimentazione.
L'Europa cristiana, aggressiva e in ripresa, usciva, dunque, da secoli di passività e prendeva l'iniziativa contro un Islam che appariva militarmente spento e sulla difensiva. In questo periodo l'Islam attraversava in effetti una grave crisi che ne minava l'antica compattezza.
Pur politicamente diviso tra due grandi potenze - il Califfato fatimide in Egitto e il Sultanato di Baghdad che controllava l'Iran, l'Iraq, la Siria e si estendeva verso l'Asia Minore - il mondo musulmano era tenuto insieme da due elementi che gli conferivano una notevole omogeneità: l'adesione a un'unica religione e l'uso di un'unica lingua. Anche dal punto di vista commerciale l'Islam era un tutt'uno, un insieme collegato e percorso da rapporti intensi e regolari, che si svolgevano dalla Spagna all'Africa del Nord, al Vicino Oriente. Le città musulmane presentavano gli stessi caratteri a Est come a Ovest; le moschee, gli edifici di governo, i mercati esprimevano un'identica vita urbana; le strutture amministrative e l'organizzazione militare erano simili quasi ovunque.
Ma sotto questa unità covavano alcuni fattori di disgregazione che dall'XI secolo in poi, come abbiamo visto, costrinsero l'Islam sulla difensiva. Il primo fattore era di carattere religioso: compatti nel contrapporsi agli "infedeli" e consapevoli di essere tutti seguaci dell'unico e vero Dio, i musulmani erano però divisi dall'appartenenza a innumerevoli sette, più o meno importanti, che si contendevano l'egemonia, anche con lo scontro armato. Queste contrapposizioni religiose si nutrivano di motivi teologici e di contrastanti interpretazioni e applicazioni del Corano, ma esprimevano anche gli antagonismi sociali che certo non mancavano nella società islamica. A tutto questo si aggiunse la rivalità religiosa tra Est e Ovest. I musulmani di Oriente si ritenevano infatti molto più puri e osservanti degli altri e non nascondevano di sentirsi culturalmente superiori. Per loro i musulmani di Spagna, i berberi e i maghrebini erano una specie di sottoprodotto islamico. Questi fattori di divisione finirono indubbiamente per pesare sul destino del mondo musulmano: non fu quindi per caso, ma per la sua evidente debolezza, che nell'XI secolo l'Islam fu attaccato dai turchi a Oriente, dai berberi in Africa del Nord, e dai cristiani non solo, come abbiamo visto, in Sicilia e in Spagna, ma anche in Siria e in Palestina.
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