10.6 Le trasformazioni della mentalità
Quanto abbiamo detto sulle mentalità delle popolazioni europee medievali (capitolo 7) caratterizzerà a lungo la società europea; alcuni degli elementi che abbiamo delineato hanno manifestato la loro vitalità fino al secolo scorso o addirittura (è questo il caso del folklore rurale) fino ai giorni nostri. La mentalità, in effetti, cambia molto lentamente, in modo spesso appena percettibile (
7.1).
Ma se la storia delle mentalità è soprattutto una storia di permanenze, questo non vuol dire che non sia possibile cogliere anche gli elementi di novità, quelli che mettono in moto le trasformazioni. Dapprima deboli e marginali, questi fattori di trasformazione possono imporsi, con il passare del tempo, come caratteristiche dominanti di un nuovo quadro mentale, destinato a soppiantare il vecchio. Nel XIII secolo alcuni di questi fattori di trasformazione cominciarono a manifestarsi con una certa chiarezza.
Dopo il Mille la ripresa economica chiamò alla ribalta nuovi ceti, impegnati in attività mercantili e artigianali (
10.5). Affermatisi sul piano economico, essi pretendevano ora anche un riconoscimento sociale, rivendicando quella legittimazione che la morale tradizionale aveva sempre rifiutato alle loro attività.
Questo riconoscimento (che non eliminò tuttavia mai del tutto i vecchi pregiudizi) avvenne grazie a una convergenza di circostanze. A favore di un atteggiamento meno rigido verso il mondo del guadagno operò senza dubbio il fatto che - soprattutto in Italia - gli stessi nobili, una volta trasferitisi in città, finissero talvolta per praticare, in grande, attività commerciali: una cosa che prima sarebbe stata impensabile, ma che ora si spiegava bene con le opportunità di rapido incremento dei patrimoni offerte dall'economia in espansione, opportunità molto superiori a quelle offerte dalla tradizionale (e sempre celebrata) attività dei nobili: l'agricoltura.
Se, in alcune situazioni particolari, i nobili mostravano di non disdegnare gli affari, i mercanti all'ingrosso e gli artigiani più ricchi, dal canto loro, assumevano il comportamento e il modo di vita dei nobili: volevano un riconoscimento, e se ne mostravano degni per le loro di scelte di gusto e di stile. La linea di demarcazione del disprezzo sociale finì in tal modo per spostarsi gradualmente: da una parte i ricchi mercanti, i banchieri, gli affaristi, dall'altra i piccoli artigiani e i lavoratori manuali.
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