10.5 Il risveglio dell'economia urbana
La crescita demografica e l'incremento della produttività agricola intorno al Mille si intrecciano a una vigorosa ripresa delle attività commerciali e produttive facenti capo alle città e alla espansione dell'urbanesimo, in particolare nella Val Padana, in Toscana, in Fiandra, nella valle del Reno. L'
Italia centro-settentrionale fu la regione d'Europa dove la ripresa della vita urbana fu più precoce e intensa. I motivi sono vari: anzitutto l'Italia era la regione dove si erano maggiormente conservate, malgrado il declino dell'urbanesimo in età altomedievale, le tradizioni e i modi di vita della società romana, che era stata una società fondamentalmente urbana; in secondo luogo la posizione geografica al centro del Mediterraneo faceva della penisola il punto di più vivace contatto tra Oriente e Occidente e, quindi, il nodo principale di un'intensa rete di traffici.
Le città esercitavano una grande forza di attrazione. I contadini del territorio circostante vi affluivano in gran numero, e se la città era invitante e offriva opportunità di lavoro, vi si trasferivano trasformandosi in operai e artigiani. Molti servi rurali ottenevano in questo modo la libertà: "L'aria della città rende liberi", diceva un proverbio tedesco. I contadini e gli incaricati dei grandi proprietari si recavano periodicamente nei mercati e nelle fiere cittadine per mettere in vendita il surplus della produzione agricola. La quantità delle derrate stimolava i consumi e consentiva la sopravvivenza di una popolazione urbana più numerosa. Questo nuovo dinamismo riversò a sua volta effetti benefici sulle campagne, stimolando la produzione.
Si verificò anche una più netta divisione tra attività rurali e attività urbane: mentre in precedenza nei poderi e nelle fattorie si fabbricavano gli attrezzi, i vestiti e tutti quei manufatti che servivano ai contadini, ora le attività artigianali si concentravano quasi tutte nelle città, acquisendo una più alta specializzazione.
Il livello qualitativo dell'artigianato aumentò considerevolmente. Il settore guida delle manifatture urbane era quello tessile. Esso richiedeva operazioni complesse (circa una trentina, dall'arrivo della materia prima allo smercio) e aveva una funzione trainante sulla stessa produzione agricola e sull'allevamento: la manifattura della lana incentivava l'allevamento ovino, quello degli altri tessuti stimolava la produzione delle cosiddette "piante industriali" che fornivano le fibre grezze e i colori per le tinture (la diffusione dei campi di guado in Francia e di zafferano in Toscana rispondeva appunto a quest'ultima esigenza).
La specializzazione delle attività artigianali e la tendenza all'organizzazione che era tipica del mondo cittadino, portarono alla formazione di associazioni che in Italia presero il nome di
Arti o
Corporazioni e che riunivano tutti i maestri di un determinato mestiere. C'erano corporazioni importanti, come quelle dei mercanti e dei tessitori, e corporazioni più umili, anche se indispensabili alla vita della popolazione, come quelle dei calzolai, dei cocchieri, dei cordai. Il maestro era il proprietario della bottega, degli attrezzi, della materia prima, e dirigeva personalmente i lavoratori. Questi ultimi si dividevano in operai (socii, cioè compagni di lavoro) e apprendisti (discipuli), reclutati all'età di 10/12 anni e avviati a un tirocinio lunghissimo. Queste associazioni, detenendo l'esclusiva delle attività di loro competenza, controllavano gli orari e le condizioni di lavoro, vietavano la concorrenza tra le varie botteghe, impedivano la pubblicità e qualsiasi iniziativa individuale che mirasse a porre una bottega in una condizione di eccessivo vantaggio rispetto alle altre. Alcune norme molto severe vietavano le adulterazioni e le frodi: tutelando la clientela si tutelava anche il buon nome dell'Arte. Le Arti erano anche associazioni di mutuo soccorso, dotate di una cassa e di un'amministrazione che gestiva i fondi per assistere i membri ammalati o infortunati, le loro vedove, i loro orfani. I maestri eleggevano alcuni sovrintendenti, che in Italia venivano chiamati priori, ai quali spettava il compito di sorvegliare il comportamento dei membri e l'organizzazione delle botteghe. Le controversie tra i maestri venivano risolte dal tribunale privato dell'Arte.
L'altro aspetto rilevante del risveglio dell'economia urbana dopo il Mille, complementare alla specializzazione delle attività produttive, è quello dell'
espansione dei mercati e della valorizzazione delle funzioni di scambio. Innanzitutto per quanto riguarda i mercati interni su scala locale e regionale; e poi in riferimento al commercio internazionale a largo raggio, che nell'alto Medioevo non era cessato del tutto ma si era ridotto a proporzioni trascurabili. La ripresa delle attività economiche nelle città costituì un potente stimolo alla nascita di più forti gruppi di consumatori di merci pregiate (con particolare riferimento alle spezie orientali e ai tessuti di qualità), al sorgere di una domanda di materie prime destinate alla trasformazione, alla risoluzione dei problemi dell'approvvigionamento alimentare ordinario attraverso reti di scambio consolidate (Venezia, per esempio, grazie al monopolio del commercio del sale in Val Padana, poteva agevolmente rifornirsi di derrate agricole e, eventualmente, riesportarle).
Le principali vie marittime dei traffici commerciali furono il Mediterraneo orientale, dominato da Venezia, Pisa, Genova e, inizialmente, Amalfi, che controllavano gli scambi delle merci provenienti dall'Estremo Oriente attraverso il Mar Nero, il Golfo Persico, il Mar Rosso; il Baltico e il Mare del Nord dominati dalle città fiamminghe e, successivamente, dalle città tedesche (soprattutto Brema, Amburgo, Stettino, Danzica) che vi si affacciavano, le quali controllavano gli scambi tra Russia e Scandinavia (pellicce, cera, miele, legname e metalli preziosi), Inghilterra (lana grezza) e Fiandra (tessuti).
Le principali vie terrestri dei traffici commerciali correvano sull'asse Sud/Nord dell'Europa: la via che collegava Venezia alla Germania, attraverso il valico del Brennero; la via che collegava Genova alla Germania, attraverso Milano e le Alpi; la via che collegava Marsiglia al Nordeuropa, attraverso la valle del Rodano. Lungo quest'ultima via fiorirono, nel XII secolo, le sei fiere della Champagne, che per molto tempo costituiranno il principale punto d'incontro per gli scambi tra area mediterranea e area baltica.
La ripresa dei traffici significò anche ripresa della circolazione monetaria. La moneta, la cui funzione di scambio si era quasi dissolta durante l'alto Medioevo, tornò a ricoprire un ruolo importante e divenne quasi il simbolo della prosperità urbana. L'esigenza di disporre di una valuta pregiata e il rinnovato flusso di scambi con l'Oriente diedero ampia diffusione alle monete auree bizantine e arabe; ma anche le città, i sovrani, i grandi signori feudali si orientarono a battere moneta - soprattutto argentea -, secondo una linea di sviluppo che vedrà, nella seconda metà del XIII secolo, la nascita del fiorino aureo fiorentino e del ducato d'oro veneziano, che costituiranno la valuta internazionalmente più accreditata del basso Medioevo.
Il mercante assume, dunque, un ruolo rilevante nel panorama sociale, contraddistinguendosi come l'elemento più dinamico. In un'epoca in cui un lungo viaggio era sempre un'avventura, il mercante era metà affarista e metà guerriero: briganti, pirati, signori prepotenti erano tanti possibili nemici che era necessario tener lontani con le armi. Per questo i convogli di mercanti assomigliavano a vere e proprie spedizioni militari e il lessico del commercio ripeteva termini del lessico bellico: la più importante associazione delle città commerciali tedesche portava un nome, "Hansa", che significava letteralmente "banda o compagnia militare", mentre per indicare l'inizio di un viaggio si diceva in latino procertari, che vuol dire "ingaggiare una lotta". I rischi erano proporzionati alle possibilità di arricchimento, e se i mercanti che non facevano più ritorno si contavano a migliaia, quelli che tornavano ricchi erano numerosi. Il commercio, in effetti, era l'unica attività che nel Medioevo offrisse occasioni di un rapido arricchimento e quindi di un'improvvisa ascesa sociale.
Il mondo del commercio era quello dove trionfava l'iniziativa individuale, ma era anche quello dove si praticavano le più moderne forme di associazione. In questo settore, come del resto in tutti i campi, l'Italia medievale fu all'avanguardia. Molto diffusi erano contratti commerciali denominati commenda, societas maris (chiamati "colleganzia" a Venezia), che venivano stipulati quasi sempre in occasione di un unico viaggio. Una parte era rappresentata dal detentore del capitale (detto stans), l'altra dal mercante (chiamato tractor o procertans). Il primo si assumeva il rischio di tutte le eventuali perdite e otteneva un'alta percentuale dei profitti (dalla metà ai tre quarti), il secondo rischiava la vita e otteneva la rimanente quota degli utili. Accordi come questi ebbero anche una grande importanza sociale: essi offrivano infatti ai proprietari terrieri dotati di grandi mezzi finanziari la possibilità di investimenti redditizi a breve scadenza; a individui intraprendenti e coraggiosi ma privi di mezzi essi offrivano invece l'opportunità di accumulare, con qualche viaggio ben riuscito, una piccola fortuna.
Cominciò a diffondersi, nel XIII secolo, anche l'uso dell'assicurazione: in un primo momento si trattò di accordi in base ai quali un individuo (talvolta uno dei partecipanti alla spedizione) si accollava l'intero rischio dell'operazione commerciale, in cambio di un alto interesse. Si passò poi a forme più regolari di assicurazione gestite da veri e propri professionisti del ramo, che chiedevano "premi" molto più bassi (tra il 5 e il 10% del capitale assicurato).
È questa l'epoca in cui rinascono le
attività bancarie, anch'esse strettamente collegate a quelle commerciali. I banchieri ricevevano i depositi dei loro clienti, prestavano il denaro a interesse, investivano nel grande commercio. Anche in questo campo gli italiani furono all'avanguardia. Banchieri come i Lomellini di Genova, i Peruzzi e i Bardi di Firenze operavano praticamente in tutta Europa: oltre alle normali operazioni di credito, condotte in grande stile, questi banchieri utilizzavano strumenti moderni come le lettere di cambio per trasferire i fondi dei clienti e assicurare i pagamenti da piazza a piazza. I loro più importanti clienti erano i mercanti, ma non mancavano nobili, principi, re e papi. La politica aveva bisogno di denaro, e i banchieri lo fornivano. Queste operazioni erano rese possibili da una moltitudine di piccoli e medi risparmiatori che depositavano il loro denaro presso le banche ricavandone interessi che variavano dal 6 al 10%. I grandi banchieri erano uomini d'affari internazionali, ma erano anche individui profondamente radicati nel tessuto sociale e politico della loro città: per questo stavano attenti a distinguere tra i concittadini e gli stranieri. Dai primi i banchieri fiorentini pretendevano interessi per i prestiti dal 7 al 15%, ma i secondi erano costretti talvolta a pagare tassi anche del 30%.
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