9.6 Le Università
Il tardo Medioevo fu anche l'epoca in cui si diffusero, in tutti i settori della vita sociale, forme di associazione tra gruppi più o meno estesi di individui, uniti da comuni interessi. Il fenomeno si propagò anche nel settore dell'insegnamento superiore: una delle più tipiche istituzioni medievali, l'
Università, era prima di tutto una corporazione; lo stesso termine universitas indicava, nei testi latini dell'epoca, qualsiasi mestiere organizzato (c'era per esempio l'università dei mercanti e quella dei cocchieri). L'universitas magistrorum et scholarium era quindi l'"associazione dei maestri e degli studenti". Come tutte le altre corporazioni (
10.5), l'Università è un fenomeno tipicamente urbano, che si nutre della vivacità intellettuale e del dinamismo della vita cittadina e il suo sviluppo va di pari passo con lo spegnersi di quell'attività formativa che un tempo si svolgeva nei monasteri.
Le origini delle singole Università sono oscure. Normalmente se ne data l'atto di nascita al momento in cui la loro esistenza fu riconosciuta dalle autorità, riconoscimento che comportava la concessione di un grado più o meno elevato di autonomia (monopolio nell'esercizio delle attività, giurisdizione particolare, esenzioni e agevolazioni fiscali, ecc.). Ma questo atto formale era solo il culmine di un processo talvolta molto lungo di cui è quasi sempre impossibile ricostruire con precisione i primordi: l'Università poteva nascere gradualmente da una scuola ecclesiastica, da una tradizione di studi, dall'attività di un maestro di particolare prestigio. La stessa spinta al riconoscimento poteva avere motivazioni diverse. La scuola di medicina di Salerno - che possiamo considerare la più antica delle Università - era già attiva alla metà dell'XI secolo e fu riconosciuta e riordinata nel 1231 per esplicita volontà dell'imperatore Federico II. L'Università di Bologna nacque, invece, per iniziativa degli studenti di diritto, cui nel 1158 l'imperatore Federico Barbarossa concesse immunità e privilegi; il prestigio dell'Università bolognese fu tale che essa fornì, con l'attività dei suoi giuristi, la base giuridica dell'Europa medievale e moderna. L'altra grande Università medievale, Parigi, ebbe un primo parziale riconoscimento nel 1200, in seguito a una rivendicazione dei maestri, che volevano sottrarsi alla tutela del vescovo. L'Università inglese di Oxford si formò intorno al 1170 in seguito all'emigrazione di un gruppo di studenti da Parigi, e diede a sua volta vita, tra il 1230 e il 1240, all'Università di Cambridge. In Italia, l'esempio di Salerno e di Bologna fu seguito nel 1222 da Padova, nel 1224 da Napoli, nel 1290 da Macerata, nel 1303 da Roma, nel 1308 da Perugia, nel 1343 da Pisa e da tante altre città medie e grandi.
Insieme con il riconoscimento da parte dell'autorità si verificava una sorta di cristallizzazione dell'organizzazione didattica, che fino a quel momento si era mantenuta abbastanza fluida. Gli studi erano organizzati secondo facoltà (non tutte però rappresentate nella stessa Università): Arti (cioè "Arti liberali": grammatica, dialettica, retorica, aritmetica, geometria, astronomia, musica), Decreto (cioè diritto canonico), Diritto civile, Medicina, Teologia. La facoltà di Arti costituiva una sorta di insegnamento di base, impartito tra i 14 e i 20 anni e propedeutico alle altre facoltà. Alle facoltà di Medicina e di Diritto si accedeva tra i 20 e i 25 anni. In una cultura dominata dalla religione, era naturale che gli studi più lunghi e complessi fossero quelli della facoltà di Teologia: potevano durare fino a 15 anni e vi si richiedeva, per la laurea, un'età minima di 35 anni. Al termine degli studi lo studente otteneva la licentia ubique docendi ("licenza d'insegnare ovunque"). Questo non vuol dire però che tutti diventassero professori. Molti preferivano carriere più redditizie nella pubblica amministrazione, nella Chiesa, o nell'attività privata (notai, avvocati, medici, ecc.).
La carriera degli studenti (che venivano inquadrati secondo nationes, vale a dire secondo la loro provenienza regionale) procedeva attraverso esami nei quali essi dovevano dar prova di dominare la materia e di essere in grado di sostenere un pubblico dibattito. Fondamentale, in questo tipo di formazione, era il metodo dialettico, per mezzo del quale si superavano le contraddizioni tra le tesi contrapposte, tra gli autori presi in considerazione, tra le loro interpretazioni. L'apprendimento faceva quindi perno sullo studio di autori ritenuti fondamentali (da Aristotele a Boezio, da Cicerone a Tolomeo, ai Padri della Chiesa) e di testi in cui si raccoglieva il sapere consolidato (dal Digesto, contenente la sapienza dei giuristi romani, alle raccolte di diritto canonico, alla Bibbia, la cui interpretazione richiedeva però estrema prudenza, per non incorrere nell'accusa di eresia). Di conseguenza il libro perse la funzione sacra che aveva avuto fino ad allora e divenne uno strumento di lavoro. I libri dell'epoca erano più maneggevoli e tendevano a perdere tutte quelle miniature e quelle ornamentazioni preziose che ne avevano fatto in precedenza veri e propri oggetti di lusso. Anche se i libri erano, ormai, oggetti molto meno pregiati dei sontuosi esemplari monastici, il loro costo restava tuttavia altissimo e solo gli studenti più ricchi potevano procurarsi una piccola biblioteca personale: si calcola infatti che il costo di un manoscritto giuridico a Bologna corrispondesse a un terzo dell'intero salario annuale di un professore.
Il potere regio cercò in vario modo di tenere sotto controllo e di dirigere le istituzioni universitarie che rappresentavano i più importanti luoghi di elaborazione e trasmissione culturale dell'epoca, e che formavano un vivaio di individui intellettualmente dotati, tra i quali potevano essere reclutati i funzionari dell'amministrazione centrale. Il governo dei comuni contrastava, talvolta, le Università perché esse sfuggivano alla loro autorità e perché gli studenti provocavano frequentemente disordini. Un'altra insidia all'autonomia delle Università proveniva dai poteri ecclesiastici locali. Il problema chiave era la libertà d'insegnamento: secondo la concezione tradizionale del Medioevo, la cultura era inscindibile dalla fede e doveva, quindi, essere sottoposta alla direzione dei vescovi, cui spettava il compito di concedere la licenza d'insegnare. Per lungo tempo la Chiesa continuò a considerare "chierici" tutti gli studenti, anche se era evidente che solo una parte avrebbe intrapreso la carriera religiosa.
La lotta delle Università contro questi tentativi di abolire o ridurre la loro autonomia fu coronata da successo. Decisiva, in questa vittoria, si rivelò la compattezza dei loro membri, animati da interessi comuni e da una comune ideologia: gli universitari erano consapevoli di rappresentare una sorta di terzo potere, fondato sulla cultura, accanto al potere della Chiesa e al potere dei re. Non meno decisivo fu l'uso di strumenti di lotta temibili come lo sciopero: l'arma fu adoperata efficacemente, per esempio, a Parigi nel 1229, dopo che i soldati del re avevano ucciso due studenti durante un tumulto. Le lezioni furono sospese per due anni. Per farle riprendere il re fu costretto, nel 1231, a proclamare ufficialmente l'indipendenza dell'Università di Parigi e a confermarle tutta una serie di privilegi. Il fatto è che le autorità erano troppo interessate all'esistenza delle Università per correre il rischio che esse chiudessero i battenti e si trasferissero altrove: le Università portavano prestigio al sovrano e alle città che le ospitavano e la stessa presenza degli studenti (dai tremila ai cinquemila a Parigi, circa duemila a Bologna, circa 1500 a Oxford), molti dei quali erano benestanti, recava benefici economici non indifferenti.
In questa lotta per la loro indipendenza le Università trovarono un prezioso sostegno nel papato. Papa Gregorio IX rimproverò aspramente il vescovo di Parigi per la sua condotta ostile all'Università durante la crisi del 1229 ("Secondo le affermazioni di persone degne di fede, è stato a causa delle tue macchinazioni che il fiume dell'insegnamento delle belle lettere, il quale, dopo la grazia dello Spirito Santo, irriga e feconda il giardino della Chiesa Universale, è uscito dal suo letto, vale a dire dalla città di Parigi, dove scorreva vigoroso fino a quel momento. Dopo di che, diviso in più luoghi, è stato ridotto a niente..."). Sempre a un intervento papale si dovette la definitiva indipendenza delle Università di Bologna e di Oxford.
Anche in questo caso il papato medievale si rivela in grado di svolgere un ruolo di grande protagonista nelle vicende del tempo e d'imporre una penetrante egemonia. Nell'azione a favore delle Università il papato assecondava lucidamente i propri interessi: contro i poteri laici esso rivendicava ancora una volta la superiorità della Chiesa, contro i poteri religiosi locali esso affermava il controllo accentratore della Santa Sede. Questa protezione fu di fondamentale importanza per l'affermazione delle Università, ma fu pagata a caro prezzo: gli intellettuali che operavano al loro interno furono in modo più o meno evidente sottomessi all'autorità della Chiesa. La loro libertà di pensiero fu, in certa misura, addomesticata.
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