9.2 L'organizzazione pontificia
Ma la forza del papato stava anche nella sua eccezionale capacità di organizzazione. Il pontefice, come si ricorderà, governava direttamente, in Italia, le terre del Patrimonio di San Pietro; il fondamento giuridico di questo dominio stava in un documento (che in futuro si sarebbe rivelato un falso), secondo il quale l'imperatore romano Costantino avrebbe appunto ceduto quelle terre, e l'Occidente intero, alla Chiesa di Roma (la cosiddetta donazione di Costantino:
6.3). In quanto autorità con pretese universali, il papa dirigeva una struttura complessa, che aveva il suo centro nella
Curia romana; con questa espressione, che compare per la prima volta in un documento dell'XI secolo, s'indicava la "corte del papa" e, più precisamente, l'insieme degli uffici della sua amministrazione centrale. Il più importante organo di governo era il Collegio dei cardinali, composto di membri scelti dal papa prevalentemente tra l'aristocrazia laziale. A questo collegio spettava l'elezione del pontefice e la trattazione delle principali questioni (causae maiores) di carattere giurisdizionale. In qualità di "rappresentanti" (legati) del pontefice, i cardinali svolgevano importanti incarichi diplomatici nella Cristianità e avevano il potere d'impartire ordini a tutti i vescovi. Altri uffici di rilievo della Curia erano la Camera apostolica, che si occupava dell'amministrazione finanziaria, e la Cancelleria, dove si redigevano e custodivano tutti gli atti papali. In un'epoca in cui le monarchie e l'Impero non avevano ancora l'abitudine di raccogliere sistematicamente tutti gli atti dell'amministrazione e del governo né avevano corpi di funzionari specializzati nell'organizzazione archivistica, il papato si caratterizzava anche per la scrupolosa attenzione riservata alla conservazione e all'uso dei materiali di archivio. Per lo storico di oggi questo significa avere la possibilità di conoscere il funzionamento del papato meglio di qualsiasi altra istituzione europea. Ma anche per i pontefici e per gli uomini di Curia questo materiale aveva un'importanza incalcolabile: esso rappresentava infatti una vera e propria "miniera ideologica" alla quale generazioni di papi attinsero per trovare motivi d'ispirazione e fondamenti giuridici e teologici per le loro scelte di governo.
La Chiesa era profondamente radicata nel sistema feudale attraverso la rete dei
poteri episcopali. Collocato stabilmente nella sua sede (spesso una città già romana), il vescovo estendeva il suo potere su tutto il territorio circostante: qui egli era il supremo responsabile del gregge di fedeli che Dio gli aveva affidato, celebrava i solenni misteri della religione cristiana, attribuiva ad altri, ungendoli con l'olio consacrato, la funzione sacerdotale. Il vescovo, si diceva, "genera il clero" ed estende su di esso la propria autorità paterna. Egli è anche l'interprete della parola divina, depositata in quei testi sacri latini che la grandissima maggioranza dei fedeli non è in grado di comprendere. Nella sede vescovile si tramanda l'antica sapienza ecclesiastica e quanto della cultura classica si è salvato dopo il crollo dell'Impero romano e la notte dell'alto Medioevo.
Da un punto di vista sociale la posizione di questi signori ecclesiastici era identica a quella dei signori laici. Vescovi e abati avevano titoli signorili e, come tutti gli altri signori, amministravano terre, esercitavano la giustizia, esigevano le imposte regie, chiamavano alle armi, facevano lavorare i "villani". Alle funzioni ecclesiastiche era infatti strettamente legato il godimento di un beneficio, un patrimonio più o meno grande, di proprietà della Chiesa e inalienabile, le cui rendite erano destinate al mantenimento dell'assegnatario e dell'ente (chiesa, monastero, ecc.) che da lui dipendeva. Spesso le risorse economiche di questi enti ecclesiastici locali erano molto ingenti: durante i secoli difficili dell'alto Medioevo, in una società dominata dalla penuria, i loro patrimoni erano stati gli unici ad accrescersi con regolarità. Questi patrimoni non venivano dissipati, come quelli del re e dei signori, nelle imprese di guerra e nelle spese di prestigio e non si frammentavano al momento delle eredità; al contrario erano continuamente ingranditi, oltre che dalla buona amministrazione delle abbazie e dei monasteri, da lasciti e donazioni che garantivano al fedele una ricompensa nell'aldilà.
Queste erano le ricchezze delle chiese locali. Ma il papato, in quanto istituzione centrale, doveva affrontare gravissimi problemi di ordine finanziario: le spese per il mantenimento dell'esercito, del personale, degli uffici, dei rappresentanti nei paesi stranieri, i frequenti donativi che per tradizione il pontefice versava al popolo di Roma: tutto questo richiedeva risorse ingenti, che il papato - come del resto tutte le grandi istituzioni politiche del Medioevo - faceva molta fatica a procurarsi. Già nel XII secolo il pontefice poteva tuttavia contare su una serie di proventi più o meno regolari: i principali erano l'"obolo di San Pietro", versato come contributo da alcuni regni del Nord e dell'Est europeo, i tributi pagati da quei sovrani (come quelli d'Aragona o di Portogallo) che erano legati al papato da rapporti di vassallaggio, i versamenti degli enti ecclesiastici locali, i donativi dei vescovi durante le loro periodiche visite a Roma (obbligatoriamente almeno una volta ogni tre anni).
Grazie alla stabile presenza del papa,
Roma è ormai diventata la città cristiana per eccellenza, il centro indiscusso del cristianesimo. Soltanto altre due città avrebbero potuto aspirare, per ragioni storiche, a questo primato: Gerusalemme e Costantinopoli. Ma Gerusalemme era troppo lontana ed era in mano agli infedeli; quanto a Costantinopoli, la capitale dell'Impero bizantino era considerata terra di eretici (
11.1). Se Gerusalemme aveva i luoghi santi, dove si erano consumate la passione e la morte di Gesù Cristo, Roma poteva vantare l'enorme prestigio di conservare i resti dei due principi degli apostoli, Pietro e Paolo, che richiamavano pellegrini da tutta la Cristianità. Ammirata per i numerosi martiri che vi erano sepolti, venerata come sede del pontefice, Roma era celebrata anche per le grandiose rovine del mondo antico: "Finché il Colosseo starà in piedi - ripeteva un detto popolare - anche Roma starà in piedi; quando il Colosseo cadrà, anche Roma cadrà; quando Roma cadrà, anche il mondo cadrà". Roma era veramente il caput mundi, la testa del mondo.
Torna all'indice