6.3 L'ascesa della dinastia carolingia e il crollo del Regno longobardo
Gli anni che seguirono lo scoppio della controversia sulle immagini furono densi di episodi di guerra e di febbrili attività diplomatiche, da parte di tutte le forze interessate.
Nel 727, dopo la condanna papale dell'iconoclastia, le popolazioni italiche dei territori bizantini, sobillate dal papa, si ribellarono: il duca di Napoli fu ucciso, l'esarca di Ravenna subì la stessa sorte; dovunque i funzionari bizantini furono sostituiti da signori locali. L'imperatore bizantino reagì confiscando i ricchi patrimoni posseduti dalla Chiesa di Roma in Sicilia e nel Meridione e trasferendo la competenza sulle circoscrizioni ecclesiastiche di Sicilia, Italia meridionale e Illirico al patriarca di Costantinopoli. Nello stesso anno, il re longobardo Liutprando (
3.6) varcava i confini dei territori bizantini e si addentrava nel Lazio. La sua azione suscitò resistenza ovunque. Un dominio longobardo esteso a tutta la penisola non piaceva infatti a nessuno: non piaceva a Gregorio II, che temeva di perdere l'autonomia dal potere politico di cui finora aveva goduto, se non di diritto, almeno di fatto; non piaceva ai duchi di Spoleto e di Benevento, sempre gelosi della loro indipendenza; non piaceva nemmeno, per le stesse ragioni, alle aristocrazie locali dei domini bizantini, ora più che mai slegate dal controllo degli agenti imperiali. I duchi longobardi di Spoleto e di Benevento si allearono al papa per contrastarne l'avanzata. Impotente a domare i duchi e tormentato forse dai dubbi religiosi, nel 728 Liutprando finì col ritirarsi e col donare alla Chiesa di Roma il territorio di Sutri e di altri centri del Lazio meridionale (questo gesto di riconciliazione, divenuto celebre come donazione di Sutri segnò una tappa fondamentale nell'ascesa del papato a potenza temporale).
Intanto il papa, tutt'altro che convinto del ripensamento di Liutprando, inviava messi a Carlo Martello per indurlo a intervenire in suo favore nelle faccende italiane. Ma i franchi non erano pronti a compiere questo passo, che li spostava troppo a sud rispetto ai loro tradizionali campi di azione. Avrebbero ceduto solo più tardi, dopo che, nel 751, il re longobardo
Astolfo (749-56) occupò nuovamente l'Esarcato e la Pentapoli, conquistò Ravenna, la principale base bizantina in Italia, e minacciò da vicino la stessa Roma.
In quegli anni i re merovingi, sempre più impotenti a fronteggiare l'irrequietezza della forte aristocrazia franca, erano stati rovesciati dalla più energica famiglia dei Pipinidi, alla quale aveva appartenuto Carlo Martello e dalla quale avrebbe avuto inizio la celebre
dinastia carolingia. Il primo dei Carolingi,
Pipino il Breve (751-68), che aveva abbattuto l'ultimo dei Merovingi, Childerico III, aveva un grosso debito di riconoscenza verso il papa Stefano II (752-57) che nel 754 si era recato in terra franca per consacrarlo re con l'autorità di Dio e avallare così la sua usurpazione. Anche per questo, dunque, nel 755 rispose all'appello del papa e, sceso in Italia, sconfisse i longobardi ricacciandoli nei loro precedenti confini. I territori che i longobardi avevano strappato ai bizantini furono solennemente consegnati nelle mani del pontefice: dopo la donazione di Sutri, quest'ultimo si trovava così a governare un territorio assai più esteso, che comprendeva l'Esarcato, la Pentapoli e il Lazio. I contemporanei lo chiamarono
Patrimonio di San Pietro: era una realtà politico-territoriale nuova, che prefigurava il futuro "Stato pontificio" e che da allora in poi avrebbe segnato profondamente la storia d'Italia.
Secondo alcuni storici, fu elaborata in questo periodo la cosiddetta
donazione di Costantino, un documento col quale l'imperatore romano Costantino il Grande avrebbe ceduto ampi territori in proprietà alla Chiesa di Roma. In realtà questo documento - cui spesso i papi del Medioevo fecero ricorso per contrastare le accuse di chi contestava il loro potere temporale - è un falso, come dimostrò nel XV secolo Lorenzo Valla. Oggi si pensa che sia stato "confezionato" dalla cancelleria pontificia proprio intorno al 754, per sostenere l'appello di Stefano II a Pipino il Breve.
Schiacciato a nord dai franchi e a sud dal Patrimonio di San Pietro, il Regno longobardo veniva a trovarsi in una situazione estremamente precaria. Il successore di Astolfo,
Desiderio (757-74) fu quindi costretto a prudenti operazioni diplomatiche, intese a riallacciare antiche amicizie coi franchi, che gli eventi più recenti avevano spezzato. Grazie alla mediazione di Berta (moglie di Pipino il Breve e filolongobarda), Ermengarda, figlia di Desiderio, sposò Carlo (il futuro Carlomagno), figlio maggiore di Pipino. Ma il matrimonio ebbe breve durata. L'Italia era ormai ambita da entrambe le potenze, e nel frattempo importanti eventi si erano svolti alla corte franca: nel 768, prossimo alla morte, Pipino aveva diviso il regno - secondo l'usanza franca - fra i suoi due figli, Carlo e Carlomanno; ma nel 771 Carlomanno morì e Carlo, calpestando i diritti della vedova, si fece acclamare unico re franco. Quasi contemporaneamente ripudiò Ermengarda. Le due donne si rifugiarono entrambe a Pavia e l'odio divise di nuovo le due corti, mentre Desiderio invadeva ancora le terre pontificie, per esigere dal papa Adriano I (772-95) il riconoscimento ufficiale dei diritti di Ermengarda e della vedova di Carlomanno. Carlo passò le Alpi, nel 774 conquistò Pavia (p. 124), catturò Desiderio e lo chiuse in un convento; il figlio del re, Adelchi, si rifugiò in Oriente. I territori longobardi furono inglobati dai franchi (rimase indipendente solo il Ducato di Benevento) e Carlo aggiunse al suo titolo di rex Francorum quello di rex Langobardorum. Quanto ai bizantini, restavano sotto il loro controllo la Sardegna, la Sicilia, la Calabria e parte della Puglia.
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