5.5 L'espansione islamica e l'organizzazione della conquista
Con l'avvento della dinastia omayyade, l'Islam riprese la sua prorompente espansione. Il califfo Mo'awiya spostò la capitale a Damasco in Siria e da qui prese l'avvio un'iniziativa militare che, sotto di lui e i suoi immediati successori, si svolse in tre direzioni principali: Asia Minore e Costantinopoli, Africa e Spagna, Asia centrale e India.
L'accesso al Mediterraneo dotò gli arabi di una nuova arma con cui attaccare l'Impero bizantino: la flotta. Una grande squadra navale costruita nei cantieri di Tripoli, Tiro, Acri e Alessandria, e dotata di equipaggi siriani, libanesi e palestinesi, effettuò spedizioni contro Cipro e Rodi. Nel 668-69 i musulmani assediarono Costantinopoli: fu il primo dei tanti assalti, da parte di terra e di mare, che si infransero tuttavia contro le imprendibili mura della città cristiana e contro l'organizzazione e le risorse tecnologiche dei bizantini. Tra queste ultime restò famoso il cosiddetto fuoco greco, prodigio bellico dell'epoca, consistente nell'uso incendiario della nafta. I guerrieri arabi avevano in precedenza inflitto pesanti ridimensionamenti all'Impero bizantino, ma non riuscirono a sopraffarlo, come avevano fatto con l'Impero persiano.
Ben più consistenti furono i successi degli arabi in Occidente: nel 698 essi si impadronirono di Cartagine; nel 708, dopo aver invaso il Maghreb si spinsero fino alle coste atlantiche. Tre anni dopo, un grande esercito musulmano, guidato dal governatore di Tangeri Tariq ibn Ziyad passò lo stretto (il promontorio che lo sovrasta prese il nome dal condottiero: Gibilterra viene appunto da Djebel Tariq: "montagna di Tariq"), e nel giro di appena cinque anni conquistò tutta la penisola iberica, abbattendo il Regno visigoto. Alcune avanguardie arabe oltrepassarono i Pirenei e penetrarono in Gallia, spingendosi fino a Poitiers, dove furono sconfitte dai franchi nel 732.
Il terzo teatro militare musulmano furono l'Asia centrale e l'India. Le operazioni belliche islamiche mossero dall'Iran nordorientale e portarono alla conquista dell'Afghanistan e delle città di Bukhara e Samarcanda, lungo la via della seta; a sud esse si spinsero fino al fiume Indo. All'espansione musulmana verso oriente si frapponeva l'insormontabile ostacolo dell'Impero cinese: nel 751 gli eserciti cinesi e quelli arabi si affrontarono nella memorabile battaglia di
Talas: i cinesi furono sconfitti, ma i musulmani avevano ormai esaurito la loro spinta propulsiva, che si perse nelle immense distese dell'Asia centrale.
Come spiegare questa rapida e prorompente espansione? Secondo alcuni storici la molla principale sarebbe stata l'entusiasmo religioso, che avrebbe spinto i guerrieri arabi a diffondere l'Islam ovunque. Altri hanno insistito sul sovrappopolamento delle comunità arabe e sulla necessità di dare sfogo a esso attraverso la conquista di nuovi spazi. Ambedue queste interpretazioni contengono una parte di verità, ma è necessario considerare anche altri fattori: anzitutto il quadro politico esterno, caratterizzato - come abbiamo visto - dalla estenuante guerra tra bizantini e persiani, che prosciugò le risorse umane ed economiche dei contendenti e li rese poco attenti alla crescente minaccia araba. Questa rivalità accanita tra le due principali potenze dello scenario mediorientale fu sfruttata alla perfezione dall'iniziativa musulmana, che vi si insinuò come un cuneo. Quanto all'entusiasmo religioso, esso era certamente molto vivo in settori considerevoli del mondo islamico e del suo ceto dirigente, ma i guerrieri beduini, che rappresentavano il nucleo più forte e combattivo degli eserciti arabi, erano anche i meno profondamente toccati dalla nuova religione e avevano una pratica talvolta molto superficiale dell'Islam. Per loro valevano motivazioni più semplici, che rimandavano al carattere guerriero delle loro tradizioni (
5.1), che furono abilmente utilizzate dai califfi per cementare l'unità araba intorno alla causa dell'Islam. Bisogna considerare, infine, la facilità con cui molte popolazioni dei territori bizantini e persiani decisero di arrendersi e accogliere i nuovi padroni; molti fattori giocarono in tal senso: primi fra tutti, la dura oppressione delle minoranze religiose e degli "eretici" messa in atto tanto dai persiani che dai bizantini, e il peso dei tributi da loro imposti.
Nei territori conquistati, gli arabi, che mancavano di esperienze amministrative collaudate, mantennero spesso nelle loro funzioni gli esperti funzionari bizantini o persiani; essi furono però messi alle dipendenze, in ogni singola provincia, di governatori musulmani dotati di poteri civili e militari. Sotto gli omayyadi furono istituiti cinque grandi governatorati: Iran-Iraq-Arabia orientale (con centro Kufa), Hegiaz-Yemen-Arabia centrale (Medina), Jeziré-Alta Mesopotamia-Armenia-Asia Minore orientale (Mossul), Egitto (Fustat), Africa-Spagna (Kairouan). Sotto il profilo tributario, l'assetto dei territori annessi fu stabilito in modo differenziato: alle popolazioni (per esempio in Siria, in Egitto e in parte dell'Iraq) che ebbero modo di trattare la loro resa fu imposto un dominio moderato: i vecchi proprietari terrieri conservarono le loro terre dietro il versamento di un'imposta, mentre le terre appartenenti ai sovrani nemici, ai proprietari fuggiti o ai soldati morti in combattimento furono confiscate in quanto bottino di guerra. Un trattamento analogo ebbero tutte le altre terre conquistate con la forza delle armi. I cospicui redditi dei dominatori venivano integrati dalla decima, pagata dai proprietari musulmani, e dalla capitazione, una tassa personale pagata (oltre all'imposta fondiaria) dai sudditi non musulmani. Questi ultimi, onorati i propri obblighi fiscali, erano lasciati liberi di praticare la loro fede.
Con il passare del tempo, la popolazione dei territori sottoposti al dominio musulmano si ritrovò divisa in tre categorie fondamentali: la categoria superiore comprendeva i musulmani di Arabia (i cosiddetti "musulmani di origine"), gli unici che avessero il diritto di militare nell'esercito. In virtù della loro adesione all'Islam fin dall'inizio e delle loro vittorie militari, essi costituivano una sorta di aristocrazia, composta di grandi proprietari, funzionari, giudici. Veniva poi la categoria dei nuovi musulmani, convertitisi in un'epoca più recente: non potevano militare nell'esercito e di conseguenza non avevano il diritto di godere dei proventi delle conquiste. Essi si ponevano sotto la protezione di un capotribù musulmano diventandone clienti. Nelle mani dei convertiti stava la maggior parte delle attività commerciali e artigianali; essi avevano inoltre incarichi di responsabilità nell'amministrazione. La terza categoria era composta dai sudditi non musulmani; la maggior parte viveva nelle campagne, spesso al servizio dei proprietari musulmani.
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