2.7 L'opera di Giustiniano
Giustiniano visse, da spettatore o da protagonista, in un momento di grandi trasformazioni nella storia del Mediterraneo e dell'Europa, mentre i regni romano-germanici consolidavano nelle nuove sedi le loro posizioni, mentre la Chiesa di Roma assumeva in Occidente un ruolo determinante, mentre nuove masse di barbari, gli slavi, cominciavano ad affacciarsi sulla penisola balcanica. Sotto di lui l'Impero bizantino assunse quelle caratteristiche che poi lo contraddistinsero per secoli.
Le incertezze e i contrasti tra gli storici moderni sulla figura di Giustiniano derivano in gran parte dai giudizi negativi espressi già da alcuni contemporanei. Basti pensare al truce ritratto che ne fece lo storico
Procopio, vissuto a lungo come consigliere al fianco di Belisario (p. 38). Anche se Procopio aveva motivi personali di risentimento verso l'imperatore e se il tono della sua condanna è prevalentemente moralistico, il suo giudizio coglie indubbiamente alcuni tratti del carattere di Giustiniano (per esempio la crudeltà) e della sua politica: per esempio la grande tolleranza verso la rapacità dei funzionari e l'imprudenza delle sue spedizioni militari.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, Giustiniano non comprese che Bisanzio non era in grado di mantenere aperti fronti di guerra contemporaneamente in Oriente e in Occidente, e che la campagna d'Italia, lunga e dura, avrebbe finito per indebolire lo scacchiere persiano e balcanico. Non è un caso che le terre strappate ai barbari in Africa, in Spagna e in Italia finirono presto - come vedremo - per sfuggire al controllo bizantino. L'enorme sforzo militare voluto da Giustiniano prosciugò le finanze imperiali e impoverì i sudditi. Aggiunto a una serie di epidemie - particolarmente grave la pestilenza del 542, che provocò 300.000 vittime nella sola Costantinopoli - esso accentuò le disuguaglianze sociali e colpì duramente la piccola proprietà terriera.
La grande fama della figura di Giustiniano è in realtà affidata a una colossale opera legislativa destinata ad avere un'influenza d'importanza incalcolabile nella futura storia europea: il cosiddetto
Corpus iuris civilis.
L'opera legislativa di Giustiniano giunse a compimento nel giro di circa quarant'anni, dal 528 al 565. Essa è costituita dal Codex Iustinianus, che raccoglie in dodici libri le leggi imperiali (la più antica di Adriano, la più recente di Giustiniano stesso); dai Digesta, un'imponente raccolta di frammenti (se ne contano più di novemila) estratti dalle opere di circa quaranta giuristi, dal I secolo a.C. agli inizi del IV d.C.; dalle Institutiones, un manuale di introduzione agli studi giuridici, destinato alla formazione degli studenti delle scuole imperiali di diritto; dalle Novellae, le leggi "nuove" emanate dallo stesso Giustiniano dal 535 al 565, cioè dopo il compimento delle precedenti raccolte.
Con la compilazione giustinianea si esaurisce il pensiero giuridico antico, ma dallo studio delle varie parti di quest'opera legislativa si svilupperà nei secoli successivi - come si è accennato - la scienza giuridica italiana ed europea. Nella tradizione occidentale, infatti, la scienza del diritto è stata identificata per lunghissimo tempo con la conoscenza del Corpus iuris: a questo si attribuirà valore di diritto positivo, cioè vigente, soprattutto in tema di rapporti privati, e ai suoi testi si farà riferimento non solo per fondare ipotesi dottrinarie, ma per suggerire soluzioni pratiche e risolvere controversie giudiziarie.
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